Grande successo per ‘La morte di Carnevale’ di Viviani al teatro Bolivar, diretta e interpretata da Adriano Fiorillo.
Pasquale Capuozzi, detto Carnevale, è una brutta persona. È un usuraio, un uomo avaro che non riesce a donare né generosità né amore. Non ha nulla da offrire se non i suoi soldi, dietro interesse, chiaramente. È una brutta persona ma un gran bel personaggio quello di Carnevale (interpretato da un poliedrico Maurizio Fiorillo) perché assolutamente allegorico.
Dovrebbe innervosire e invece fa un pò pena e un pò ridere.
È il prolungamento metaforico di una mancanza, di tutti i sensi di colpa che rivelerà poi al nipote, Rafele, anch’egli “suo cliente”, debitore di quei soldi che Carnevale gli ha prestato.
Racconterà tutto a suo nipote come in una confessione, Carnevale, convinto che la morte gli sia prossima dopo aver avuto un malore.
Ed è proprio nel momento in cui Carnevale accusa il primo malessere che viene organizzato il suo funerale da Rafele e ‘Ntunietta (bravissima Simona Esposito), più sua serva che sua compagna.
I due cominciano subito a sognare una vita senza di lui con ciò che ne resta: la sua eredità.
Sembra quasi essere diviso in due blocchi lo spettacolo ‘La morte di Carnevale’, in due tempi differenti che si mescolano: quello logico della narrazione e quello del popolo, gli ignavi danteschi che attendono la morte di Capuozzi per essere liberi dai debiti.
Unico personaggio a voler saldare la propria posizione è Don Gennaro (impeccabile Diego Sommaripa) che nel momento in cui afferma ‘io non la voglio finire di fare l’uomo onesto’, si fa voce di popolo e rammenta quello che tutti gli altri in fondo pensano: Carnevale non merita niente, tantomeno l’onestà. Ed è proprio nel popolo, in quel trapasso infernale della vita di Carnevale, che si eleva la voce, ambrata e malinconica, di Nannina (eccezionale Martina Sionne) con ‘Carmela’ di Sergio Bruni, espressiva ed incisiva durante tutta la messa in scena.
Magistrale interpretazione di Adriano Fiorillo (nei panni di Rafele) che ha saputo gestire il doppio ruolo di attore e regista, portandoli entrambi ad un alto livello.
Molto belli i momenti corali del popolo, guidati dai versi e dalla voce suadente di un napoletano Dante Alighieri (Fabio Brescia), rendendo immaginifica (e rovesciata nel finale) la morte di Carnevale, dipingendola in un Inferno tragicomico.
La scenografia è volutamente scarna e buia, come scarno e buio è il basso (e l’animo) di Pasquale Capuozzi, intervallata da momenti di luce fioca, come la speranza che si ripone spesso in situazioni che non migliorano, mai.
Viviani incontra Dante e l’Inferno è rappresentato con canti e momenti deliranti del popolo, gli ignavi, in perfetta armonia ed equilibrio, con un finale inaspettato.
Lo spettacolo è ancora in scena il 23 febbraio, ore 21 al teatro Eduardo de Filippo di Arzano, ed il 24 febbraio, ore 21, al teatro Summarte, Somma Vesuviana.
Con: Adriano Fiorillo con Simona Esposito, Maurizio Fiorillo, Diego Sommaripa, Peppe Carosella, Tiziana Carotenuto, Livia Bertè, Francesco Barra, Domenico Moccia, Luigi D’Amore, Martina Sionne, Martina Attanasio e Gilda Pitone, Fabio Brescia e Peppe Celentano.
Riadattamento scene e luci: Adriano Fiorillo
Produzione Il Demiurgo – Teatro Oberon