Per Carmine la morte di Stefania è un incidente. Un colpo partito per sbaglio. Una versione che capovolge il racconto che hanno fatto di lui i familiari della ragazza di 28 anni, morta per un proiettile che l’ha colpita al petto partito dalla pistola del marito. Interrogato dal gip che poi ha deciso di tenerlo in carcere, l’uomo che non voleva accettare la separazione dalla moglie racconta la sua versione: "La pistola da cui è partito il colpo che ha ucciso Stefania l'ho rubata a mio suocero, perché lui mi minacciava spesso e mi maltrattava, anche davanti ai miei figli, tanto che qualche giorno fa l'ho anche denunciato. Io invece a Stefania non l'ho mai maltrattata". Respinge tutte le accuse, ricostruisce una verità completamente diversa da quella dei genitori di Stefania che hanno raccontato di violenze continue. Di botte a cui la donna ha reagito tornando a casa dei suoi, fino alla mattina in cui quel colpo le ha stroncato la vita. Il muratore di 33 anni prova a ribaltare tutto nel tentativo di gettare la responsabilità dell’accaduto sul padre di lei.
"L'arma, clandestina, era nascosta nel garage - ha spiegato - ho deciso di prenderla dopo che qualche giorno fa mio suocero - ha proseguito D'Aponte alzandosi dalla sedia con il permesso del Gip e mimando l'accaduto - mi minacciò con un'altra pistola da lui detenuta; sparò anche un colpo in aria, ma all'esterno dell'abitazione. Ho anche dei file audio con cui ho registrato i litigi, ma sono sul telefono che mi è stato sequestrato. La causa dei nostri dissidi era sempre mio suocero. Mercoledì io e Stefania ci eravamo riappacificati, la notte avevamo dormito insieme, ci eravamo anche dati un bacio; poi lei mi ha accompagnato a Sant'Antimo dove dovevo lavorare".
"Andava tutto bene, poi abbiamo iniziato a parlare di mio suocero; le ho fatto vedere la pistola, le ho detto che la portavo per paura di suo padre, lei si è impressionata, ha pensato che potessi fare qualche sciocchezza e ha provato a togliermela di mano. Sono stati momenti concitati, poi è partito il colpo. Ma io non volevo farle del male, l'amavo come la prima volta", ha sostenuto D'Aponte. Ma a smentire il marito c’è la lettera scritta direttamente da Stefania, a cui la ragazza affida tutte le sue paure. E si rivolge ai genitori, per lei quel padre che il marito prova ad accusare è l’ancora a cui aggrapparsi. Quattro pagine cariche di amarezza e di dolore, in cui ringrazia i genitori "perché oggi il mio cammino è difficile e le uniche persone che ho vicino siete voi che mi tenete ancora per mano proprio come quando ero piccola e così fate anche con mio figlio, non facendogli mancare nulla. Peccato che tutto questo, chi dovrebbe capirlo non lo fa. Vorrei gridare al mondo intero che bella famiglia siamo. Vi adoro e per voi darei la vita". Quelle frasi lette in chiesa durante l’addio a Stefania. Mentre Rossella, una cugina di Stefania, legge alcune righe della lettera Adriana e Luigi, i genitori di Stefania, seduti in prima fila nella chiesa del rione don Guanella, piangono. "Sempre nei nostri cuori", è scritto sulle magliette dedicate alla ventottenne uccisa mercoledì a Sant'Antimo dal marito con un colpo di pistola. Quel padre che piange per l’uomo accusato di omicidio aggravato sarebbe la causa di tutto. Peccato che a smentirlo ci pensa Stefania. La donna che quel colpo di pistola ha sottratto per sempre ai suoi due piccoli bambini.