In scena al Teatro Bellini di Napoli dal 12 al 17 marzo, Stefano Massini disinnesca ed incanta il pubblico foltissimo con “L’interpretazione dei sogni”, liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Sigmund Freud. Un lavoro di scavo, analisi e traduzione in chiave onirico drammaturgica cui Stefano Massini, autore di caratura internazionale e primo italiano ad aver ricevuto per la drammaturgia il Tony Awards - l’Oscar del Teatro americano - dedica passione ed attenzione (“la sua bella ossessione”) da oltre dieci anni.
C’è un occhio aperto sulla scena che è accesso, varco, ammissibilità. È la realtà cui non è possibile sottrarsi se non attraverso il filtro dell’immaginazione. Ed è lì che accadono le cose, di notte.
La vita si fa strada in mezzo all’iride e punge la mente, si fa ricordo, poi si distorce, diventa bugia, nube, sogno. Ma il sogno è una cosa vera, il sogno è una cosa viva. E cosa accade alla mente di giorno, come mai si fa menzogna e poi ritorna vera, sotto altra forma, nel sonno?
L’unica risposta è che il filtro si è sporcato nel bel mezzo del patto sociale, quando l’adulto reprime il bambino che in pancia gli grida il contrario di quel che fa, identico ad un animale addomesticato che intanto soffre perché proprio non dimentica la propria natura. Dove va a finire l’istinto quando le persone si incontrano e come mai con alcune non è reprimibile? Perché nascondiamo la Prussia dietro la Cina? È possibile in società essere autentici, nudi, primordiali? No. Riesce solo a chi tradisce il patto sociale: i folli sempre, ogni giorno; a tutti gli altri è concessa qualche ora, qualche notte, per sentirsi poi in colpa o in imbarazzo nei momenti a seguire. Come la paziente che sogna di camminare in punta di piedi perché mai all’altezza di sua madre; o il chirurgo affermato che, nel sonno, ritorna inesperto sottoforma di un nano; o ancora la donna che insegue il tempo perché sente di non averne. L’impotenza, la paura, il disagio, la fobia, tutto nel sogno diventa mostruoso, buffo, ilare, ridicolo, ridimensionato, estremizzato e nasconde un bisogno, un desiderio represso, una volontà inascoltata. “Nascondere la Prussia dietro la Cina” è un modo di vivere falsato e necessario all’equilibrio della società, che è spesso malessere del singolo, della sua personalità. Quanto più ci si addomestica, tanto più si tocca una parte lontana di sé. E questo è un silenzioso accordo per raggiungere l’altro, lo sconosciuto che fa lo stesso perverso gioco per stare in società, la creatura più maleducata e bugiarda proprio perché civile.
Stefano Massini, con “L’interpretazione dei sogni” di Freud e grazie al suo ineccepibile lavoro di analisi decennale, porta in scena con un linguaggio diretto, evocativo e potente, la sottile tela su cui rimbalzano bambini, animali e folli: il mondo reale, quello soffocato, l’onirico.
La visione cui si assiste impatta con la sensazione di un piano verticale: non c’è niente che si guardi o che si ascolti in linea retta, in questo viaggio ci si cala. Tutto è necessario e vibrante, sospeso: le efficaci e semplici scene di Marco Rossi; le luci di Alfredo Piras, intermittenti o fisse proprio come un battito di ciglia; le immagini oniriche simili ad antichi papiri di Walter Sardonini; le musiche di Enrico Fink armonicamente eseguite da Rachele Innocenti, Damiano Terzoni e Saverio Zacchei; i costumi e le maschere suggestive di Elena Bianchini; la voce suadente ed eterea di Luisa Cattaneo.
L’interpretazione dei sogni di e con Stefano Massini, produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro di Roma in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano / Teatro d’Europa è in scena fino al 17 marzo al Teatro Bellini di Napoli. È la narrazione di cui il pubblico ha bisogno, per potersi riconoscere e, chissà, darsi il “permesso bambino” di giocare un po', di giocare ancora, di giocare sempre.