Soldi dei cittadini per pagarsi il caffè o il conto al ristorante. Più che il loro portafogli i consiglieri regionali finiti nel mirino della Corte dei Conti utilizzavano i soldi pubblici. A denunciarlo è il presidente Michael Sciascia. «La questione riguardante i consiglieri regionali può essere interessante: sono stati leggeri in alcune spese relativamente ai fondi dei gruppi consiliari». E’ il suo ragionamento a margine dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, che sta prendendo il via nel Castel dell'Ovo di Napoli.
«I nostri processi sono andati a conclusione - ha detto ancora Sciascia - con una serie di sentenze che hanno riscontrato e accertato le responsabilità dei singoli e anche dei capigruppo». Si tratta, spiega Sciascia, «di difetti di rendicontazione ma in realtà non è un problema di rendicontazione in quanto tale ma della direzione della spesa verso finalità non istituzionali, come per il bar, per la pizzeria, per il ristorante e spese per acquisti di computer che fanno riferimento agli ultimi anni». «Non c'è stata una correlazione tra la spesa e la finalità istituzionale - ha aggiunto - si riscontrano spese per le più varie necessità della vita che però non rientrano nelle spese istituzionali dei gruppi consiliari». «Non credo che i consiglieri regionali abbiano voluto approfittare, - ha detto ancora il presidente della Corte dei Conti della Campania - non si sono resi conto che quelli erano fondi non dati per il piacere individuale ma per le necessità connesse all'attività istituzionale». «Nessuno teneva una rendicontazione e si era diffusa questa convinzione. Attraverso la nostra azione, e la stampa giustamente l'ha messa in risalto, richiamiamo l'attenzione su queste circostanze. Il problema fondamentale è l'immagine istituzionale. L'uomo comune è così assoggettato a tassazione che alla fine si sente violato. Sono pochi i consiglieri regionali che si sono resi protagonisti di questo ma con un pelo alla volta si fa il pennello. Nella prima tranche di 7 sentenze si parla di 1.600.000 euro, sono somme cospicue che vanno moltiplicate per tanti anni. La questione è sul piano etico». «La Corte dei conti è sensibile al grido di dolore che viene dal cittadino, noi abbiamo rinunciato alla macchina di servizio; questo crea disservizi e scomodità ma in questo modo la Corte ha avuto dare un piccolo segnale», ha concluso Sciascia.