Anche il senatore di Forza Italia avrebbe aiutato gli uomini della cosca come gli altri fratelli. Per la Procura avrebbero fornito "un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo al clan Puca" di Sant'Antimo, il Comune in provincia di Napoli di recente sciolto per infiltrazioni mafiose, i fratelli Luigi, Antimo, Aniello e Raffaele Cesaro, tutti sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Per il senatore Luigi Cesaro (Fi), i pm antimafia hanno chiesto il carcere, misura cautelare però che il gip Maria Luisa Miranda ha voluto rigettare. Su quella posizione si è riservata la decisione in attesa dell'eventuale autorizzazione all'utilizzo di conversazioni "casualmente" registrate quando il parlamentare era nell'auto di un indagato intercettato. La Dda di Napoli, invece, Antonella Serio e Giuseppina Loreto, avevano chiesto l'arresto in carcere per il big di Forza Italia in Campania.
Nei confronti del parlamentare, anche, la Procura di Torre Annunziata ha chiesto qualche settimana fa gli arresti domiciliari nell'ambito di una inchiesta sull'affare dell'ex area Cirio di Castellammare di Stabia, zona industriale acquistata a fine anni '90 da una società immobiliare, la PolGre, di proprietà degli imprenditori Adolfo Greco e Tobia Antonio Polese, il il cosiddetto "boss delle cerimonie" che però è deceduto: entrambi sono stati condannati per favoreggiamento personale al superboss Raffaele Cutolo per l'acquisto del castello Mediceo di Ottaviano. Per i magistrati dell'Ufficio inquirente, guidato dal procuratore Giovanni Melillo, i Cesaro avrebbero favorito gli investimenti del clan, guidato prima da Pasquale Puca, poi da Amodio Ferriero e in epoca recente da Lorenzo Puca. Denaro frutto di attività illecite finito nel settore edile/immobiliare, ma non solo.
"Come già accaduto nelle precedenti contestazioni che mio malgrado mi hanno coinvolto, i fatti si incaricheranno di dimostrare la mia assoluta estraneità a qualsiasi addebito. Con animo assolutamente sereno affronterò anche questa prova", dice il senatore, già presidente della Provincia di Napoli.
Antimo Cesaro, l'unico dei fratelli per i quali è stato disposto il carcere (ad Aniello e Raffaele sono stati notificati i domiciliari) è accusato di avere realizzato, con la gestione di un importante centro diagnostico, l'Igea di Sant'Antimo, una società occulta con il boss Pasquale Puca, consentendogli di riciclare i proventi delle sue attività illecite. All'anziana madre del capoclan, Teresa Pappadia, 77 anni, (destinataria di un obbligo di presentazione alla pg per ricettazione aggravata dalla finalità mafiosa) viene contestato di avere ricevuto, nel corso degli anni, danaro dai fratelli Cesaro, frutto delle società di fatto costituite dagli imprenditori e dal figlio.
I Cesaro avrebbero anche favorito l'infiltrazione della camorra e il condizionamento degli organi amministrativi comunali di Sant'Antimo, in particolare dell'Ufficio Tecnico Comunale.
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