Voleva arrestare il padre del Presidente del consiglio. I pm di Roma affermano che l'ufficiale dei carabinieri del Noe, Gianpaolo Scafarto puntava ad "inchiodare Tiziano Renzi alle sue responsabilità e se si vuole ad arrestarlo". Un obiettivo che il militare di Castellammare avrebbe perseguito ad ogni costo, anche attraverso un "travisamento dei fatti e violazione delle regole giuridiche di governo della prova indiziaria".
Nel provvedimento di 15 pagine, depositato in Cassazione il 6 aprile scorso, il procuratore capo Giuseppe Pignatone e i pm titolari dell'indagine, ribadiscono sostanzialmente il loro impianto accusatorio nei confronti dell'ex Noe ribadendo le "violazioni e il travisamento dei fatti" messo in atto nel corso dell'attività di indagine per arrivare a "incastrare Tiziano Renzi". L'atto suona anche come un vero e proprio attacco frontale al tribunale del Riesame di Roma: i magistrati di piazzale Clodio nell'atto di impugnativa scrivono che il provvedimento del tribunale della Libertà rappresenta una "palese violazione del diritto penale, delle regole processuali che governano la prova indiziaria, di travisamento dell'ipotesi di accuse e dei fatti posti a suo fondamento".
Per i magistrati romani "l'impugnata ordinanza del Riesame, che trasforma orrori di sicuro rilievo penale in errori, qualificati con evidente ridondanza linguistica 'involontari'", è un provvedimento "che si contrappone alle regole del diritto sostanziale e processuale, della logica e del buonsenso". Una risposta senza mezzi termini a quanto deciso dal Riesame che nelle motivazioni di quel provvedimento aveva attribuito a Scafarto (indagato per falso, depistaggio e rivelazione del segreto d'ufficio) non condotte dolose ma solo errori.
Nel provvedimento depositato alla Suprema corte i pm ricostruiscono la vicenda che coinvolge l'ufficiale dell'Arma a cominciare da quanto compare nell'informativa da lui redatta il 9 gennaio del 2017.
Scafarto, per la Procura romana, voleva incastrare Tiziano Renzi, un obiettivo che "l'indagato si rappresentava così come si deduce da alcuni messaggi whatsapp e dalle conclusioni a cui si giunge nelle informative del 9 gennaio e del 3 febbraio 2017". Inoltre, rilevano i magistrati, persino il reato contestato a Renzi senior era contro ogni logica del diritto e tentava di scavalcare le prerogative del pm con "una qualificazione giuridica del fatto -scrivono- che autorizzava la custodia cautelare in carcere, contro ogni logica giuridica e probatoria al fine di espropriare l'autorità giudiziaria di qualificare il fatto stesso".