LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2024




Castellammare

San Leonardo è emergenza posti letto, malati gravi anche tre giorni su una barella

Anziani di più di ottant'anni parcheggiati al Pronto soccorso

di Redazione
San Leonardo è emergenza posti letto, malati gravi anche tre giorni su una barella

L’ambulanza arriva a sirene spiegate, le porte del pronto soccorso si aprono veloci. E’ il primo medico libero a dare un’occhiata per decidere dove mettere la barella. Qualche minuto per capire di che si tratta e dove posizionare il malato. Chi arriva con una sedia a rotelle deve superare il primo ostacolo. I portantini si affannano a cercarla la barella, a volte si litiga a chi arriva prima o a chi ha il malato più grave da assistere. Pazienti in tre o quattro nelle stanze più grandi, appoggiati in infermeria e quando le emergenze si susseguono c’è chi finisce in corridoio. Un paziente indiano con una grave crisi respiratoria riceve l’ossigeno, mentre gli infermieri cercano ancora la barella per farlo stendere. Una barella sulla quale resterà ore, forse giorni. I malati che arrivano al San Leonardo, entrando d’urgenza dalle porte elettroniche del Pronto soccorso, hanno tutti lo stesso destino. Non importa se arrivino con problemi di cuore, allo stomaco o con una emorragia cerebrale. Non importa se si siano fatti male la mano come un bambino di undici anni che urla dal dolore, oppure gli sia diagnosticato un sospetto ictus ad 87 anni, la sosta in un reparto che, dovrebbe essere solo l’anticamera del ricovero, è assicurata. Il San Leonardo è in perenne emergenza, i posti letto non ci sono. Medici e infermieri del reparto di frontiera non hanno un minuto per fermarsi. Devono contemporaneamente accogliere un donna anziana che arriva con il volto tumefatto perché, nonostante i capelli bianchi, qualcuno l’ha trasformata in un sacco da pugile e continuare a curare chi dovrebbe trovarsi in cardiologia o neurologia e invece staziona lì. Poco tempo per pensare a cosa fare. Naturalmente non c’è nessuno che le chieda chi l’ha ridotta così, mentre fuori dalla porta socchiusa ad indignarsi è solo una giovane sconosciuta: “Potrebbe essere mia nonna, voglio sapere chi l’ha picchiata”. Tutti si sottopongono allo stesso rito. Inutile cercare un posto, non ci sono letti neppure in ortopedia o oculistica. Per aiutare una vita bisogna che un’altra si spenga. Di domenica poi sentirsi male all’orario giusto è una garanzia di sopravvivenza. Dopo le due alcuni specialisti non ci sono, per leggere una Tac bisogna spedirla ad un collega che la legga dall’altra parte del computer, senza avere mai visto il paziente. Anziani anche gravi sono costretti a restare in barella per 24 ore se tutto va bene, ma c’è chi resta su un materassino di pochi centimetri in mezzo alla gente urlante anche per tre giorni consecutivi. Difficile riposare mentre altri malati continuano ad arrivare a qualsiasi ora. E questo non è il peggio. Ad una ragazza arrivata con le gambe sanguinanti per una flebite la dottoressa, con lo sguardo dispiaciuto, deve dire che al San Leonardo non si può fare niente per lei, non c’è l’ecodoppler. Con i mezzi a sua disposizione la ragazza deve arrivare a Napoli, destinazione Cardarelli o San Giovanni Bosco. Per chi resta ogni mezz’ora si apre lo spettacolo vario della sofferenza, con la rabbia dei parenti sempre disposta ad esplodere e medici che aspettano la fine turno sapendo di consegnare nelle mani dei due colleghi in arrivo la vita di una cinquantina di persone. Cartelle cliniche, pazienti con le patologie più differenti, persone su quelle barelle una vicina all’altra. Anche la sofferenza a Castellammare è in lista d’attesa.  

 


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13-06-2016 17:48:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA