Tutti lo conoscono, ma di lui non si sa tutto. Le sue reliquie sono tra le dieci più conosciute al mondo mentre il miracolo della liquefazione del sangue si ripete tre volte l'anno. Il suo tesoro possiede oltre ventunmila gioielli, molti di più della corona inglese. Venticinque milioni di fedeli lo venerano in tutto il mondo: dal Brasile alla Russia, dagli Stati Uniti all'Argentina, dal Madagascar all'Australia. “Un giorno a Napoli con San Gennaro”, reportage giornalistico di Maurizio Ponticello, sarà presentato domani, alle 18.30 alla Mondadori Bookstore di Castellammare. I soprannomi indirizzati al patrono partenopeo si sprecano: santo guappone, avvocato nostro, lazzarone, faccia ngialliuta... e forse è l'unico santo medievale ad avere, almeno a prestar fede al popolino, parenti ancora in vita che si rivolgono a lui con preghiere ed esortazioni non sempre ortodosse. Beato, santo, anzi no, retrocesso a santo locale per scelta del Concilio Vaticano II negli anni Sessanta, ma subito reintegrato nelle alte gerarchie paradisiache a furor di popolo. Ma in quale altra città al mondo, se non qui da noi, dopo il declassamento in una specie di serie b celeste, si sono visti striscioni con la scritta San Gennà futtetenne? Ma, chi era realmente san Gennaro? E come mai del prodigio del sangue non c’è traccia fino a oltre mille anni dopo il martirio? Un viaggio contromano nell’universo del vescovo decollato che non piace al Vaticano al punto da retrocederlo. Un’incursione a trecentosessanta gradi tra i “vincoli carnali” che congiungono il campione di Napoli al suo popolo, e tra gli arcani che fanno di Januarius l’ultima divinità pagana della città.