LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2024




Il processo

Racket dei fiori, un secolo di carcere per Luigi di Martino e i suoi colonnelli

Confermate le condanne in Appello

di Redazione
Racket dei fiori, un secolo di carcere per Luigi di Martino e i suoi colonnelli

Un secolo di carcere per il clan Cesarano per il racket al mercato dei fiori. Avevano individuato un metodo per incassare soldi attraverso l'economia legale.

Una ditta gestita dai cognati del boss era una scelta obbligata per chi voleva lavorare nel mercato tra Castellammare e Pompei, punto di riferimento del settore in Campania. Condanne per un secolo di carcere anche in Appello. Confermate le pene per i principali imputati, accusati di aver rifornito di droga diverse piazze di spaccio dell'area stabiese. Capi e gregari del clan Cesarano di Castellammare si erano alleati con i Mallardo di Giugliano, i Contini di Secondigliano e con i Pecoraro-Renna di Salerno per la gestione delle forniture di droga, imponendo il pizzo a imprenditori e commercianti del comparto florovivaistico di Pompei attraverso «picchiatori» in prestito da altri clan.
Confermati i vent'anni di carcere per il boss Luigi Di Martino, alias «'o profeta», a cui era passato il timone della cosca quando il boss Ferdinando Cesarano era tornato in cella. Secondo la Dda di Gigino o Profeta  la «Engy Service», ditta che imponeva servizi extra alle aziende del Mercato dei Fiori di Pompei, facendo incassare profitti al clan.
Piccoli sconti di pena per l'altro Luigi Di Martino, cugino del boss, ma soprannominato «'o cifrone», che ha usufruito della continuazione con altre condanne per un totale di nove anni da scontare in carcere. Per Carmine Varriale, napoletano di Secondigliano ritenuto il fornitore di cocaina, la pena da scontare è di otto anni, mentre per Felice Barra è di dieci anni e dieci mesi. Infine, per Adelchi Quaranta la pena è scesa a tre anni e due mesi, mentre per lo stabiese Vincenzo Amita a due anni e due mesi.


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18-07-2022 09:32:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA