GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2024




La storia

Padre con il Covid, dimenticati dall'Asl: famiglia prigioniera in casa da 18 giorni

Il figlio: 'Curato a casa con l'ossigeno, in ospedale non c'erano posti'

di Redazione
Padre con il Covid, dimenticati dall'Asl: famiglia prigioniera in casa da 18 giorni

Prigionieri in casa da più di due settimane. “Positivo al covid, l’Asl si è dimenticata di mio padre”. Senza il tampone di controllo resta chiusa in casa tutta la famiglia. E’ la denuncia del figlio di un anziano di Boscoreale, in ansia per le condizioni di salute di suo padre con il Covid e in attesa di sapere. Cinque persone costrette in casa da circa 18 giorni e che hanno visto l’inferno e temuto il peggio per le sorti dell’uomo. “Ora è in lenta ripresa ma ce la siamo vista brutta”, ha spiegato il figlio, ancora scosso da quanto accaduto. Tutto è iniziato circa 3 settimane fa quando l’uomo ha cominciato ad avere i primi sintomi riconducibili al covid. Subito scatta l’isolamento per tutti. Con l'anziano anche le altre 4 persone che vivono con lui. Scrive il figlio: “Dopo 5 giorni di febbre e altri sintomi riusciamo a fare il tampone presso un privato, il Cmo di Torre Annunziata. Mio padre risulta positivo mentre noi continuiamo l’isolamento”. La situazione però peggiora: “Due giorni dopo aver ricevuto il risultato, mio padre ha una crisi respiratoria. Chiamo il 118, che dice che non può intervenire perché non ci sono ambulanze e ci facciamo portare un saturimetro per controllarlo. Mio padre peggiora sempre di più e avrà bisogno dell'ossigeno in casa. All’ennesima crisi respiratoria con saturazione a 83 chiamiamo l'ambulanza alle 19 e arriva alle 11 del giorno dopo. Hanno prescritto la cura da casa, sostenendo che non ci sono posti per il ricovero”. Un altro problema è sorto quando il medico di base della famiglia ha provato a contattare l’Asl per innescare la procedura relativa al nuovo tampone da sottoporre al padre del ragazzo. “Il 5 novembre – ha spiegato il ragazzo - ci ha chiamato la Croce Rossa di Ercolano per avvisarci che nella giornata successiva sarebbero venuti per effettuare il secondo tampone. Non si è presentato nessuno. Anzi il mio dottore scopre che hanno dichiarato che il numero di cellulare non è corretto ma invece noi abbiamo risposto”. "Il risultato è che ora, a distanza di quasi 20 giorni ci ritroviamo chiusi in casa e il tampone a mio padre ancora deve essere fatto. Voglio la verità, la mia storia non è tra le più tragiche ma fa capire in che situazione si trova un cittadino positivo”.
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13-11-2020 22:08:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA