Un volo di cinquanta metri nel vuoto, una vita che si spezza in pochi attimi. Dopo oltre sei anni è arrivata una condanna per la morte di Nicola Acampora, operaio edile di 41 anni di Agerola, precipitato da un costone roccioso Ravello il 28 ottobre 2010. Ma in quella tragedia non è stata solo colpa del destino.
La sentenza di primo grado, pronunciata il 2 febbraio ha condannato a 2 anni e sei mesi il caposquadra Giuseppe Greco, 2 anni e otto mesi il datore di lavoro, Gerardo Gaeta ed un anno e sei mesi l'ingegnere del Genio Civile, Antonio Sansone.
L' accusa era di omicidio colposo per mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. L'operaio non era un rocciatore, come ha ripetuto sin dal primo momento la moglie.
Acampora fece un volo di 50 metri, precipitando da una parete sulla quale stava eseguendo lavori di disboscamento e posa di rete metalliche e di protezione per una impresa di Cava dei Tirreni.
La Fillea Cgil Salerno affermò che era "inverosimile che un lavoro ad alto rischio, per il quale occorreva rispettare rigide norme sulla sicurezza, venisse effettuato in assenza delle più elementari misure di protezione".