Il solito "don Aurelio".
Archiaviata troppo in fretta una stagione da incorniciare che ha portato gli azzurri a vincire il titolo di Campioni d'Italia 33 anni dopo le gesta del grande Diego, il patron del Napoli, ha smesso i panni del presidente silente ruolo che si era ritagliato in questa stagione, ed ha ripreso la sua opera di picconatore, dentro e fuori il club.
Del resto le fiches sul tavolo sono sue, e dunque è nel pieno diritto di fare e disfare tutto, anche alla luce di quanto ha fatto dal giorno in cui ha rilevato il titolo in tribunale ad oggi.
Forse questa volta ha sbagliato i tempi, anticipando una resa dei conti a stagione ancora in corso, ma di sicuro ne Giuntoli ne Spalletti, sono due mammolette, e dunque, il padrone del vapore, forse è stato costretto dai tempi non dettati da lui ad agire.
Andiamo per ordine.
Giuntoli dopo otto stagioni al Napoli e con il contratto in scadenza il prossimo anno, è alla fine di un ciclo e cerca nuovi stimoli, quindi l'idea di ricostruire un nuovo giocattolo in Italia o in Europa lo affascina, e poi da navigato uomo di mondo, non può essergli sfuggito l'ingresso in società di Antonio Sinicropi compagno della figlia del patron Valentina, al momento in sostituzione di Alessandro Formisano, ma che potrebbe in futuro svolgere il ruolo di direttore sportivo avendo da poco acquisito la licenza.
Diverso il discorso per Spalletti, verso cui la società ha fatto valere il diritto di opzione. Ora appigliarsi a modalità e forme resta una questione di lana caprina.
Luciano non è personaggio di primo pelo, conosce bene il mondo, figurarsi se in due anni non abbia capito l'aria che tira in una società snella e a carattere familiare.
A questo punto, valgono gli stimoli, ma lasciare da vincente deve essere una cosa che gli formicola molto la mente, aldilà della consapevolezza di poter avere un contratto, forse l'ultimo della sua carriera, molto più remunerato altrove.
Con queste premesse, anche le parole dette da "don Aurelio", assumono un significato diverso verso i tifosi; lui vuole garantire a chi la domenica va allo stadio la sicurezza di una squadra all'altrezza, a prescindere dagli attori, calciatori inclusi, che, viste le situazioni contrattuali di alcuni e le sirene di mercato per altri, pronti a capitalizzare altrove il successo di questa stagione, con ingaggi migliori, sono in alto mare.
I temi sono tanti e il tempo a dfisposizione è breve giacché tra due mesi parte la prima parte del ritiro a Dimaro, e allora, sotto con l'Inter questa sera per dimostrare che in finale di Champions contro i "mostri " del Manchester City ci potevano essere gli azzurri, ma riflettori puntati sul futuro di una squadra che da apertura di un ciclo potrebbe invece essere smontata e poi ricostruita dal boss.