LUNEDÌ 28 APRILE 2025





Il fatto

Muore a 20 anni cadendo dallo scooter, la mamma: 'Tante vittime colpa delle strade dissestate'

Alessandro Selvaggio caduto mentre consegnava le pizze

di Redazione
Muore a 20 anni cadendo dallo scooter, la mamma: 'Tante vittime colpa delle strade dissestate'

Morte di Alessandro Selvaggio, la madre: «Basta cercare di addossare la colpa alle vittime. I Comuni si assumano la responsabilità per le strade dissestate». Lo sfogo della donna il cui figlio, di 20 anni, è morto cadendo dallo scooter mentre consegnava le pizze.

«La colpa è sempre di chi è morto. Non si valutano le circostanze che hanno portato un giovane a perdere la vita sulla strada, invece si cerca di attribuire tutta la colpa alla vittima. Ma noi lotteremo fino alla fine pur di avere giustizia». 

A parlare è Carolina Elia, la madre di Alessandro Selvaggio, il giovane che il 23 ottobre del 2015 ha perso la vita per le conseguenze di un terribile incidente stradale avvenuto mentre a bordo di una Vespa Piaggio percorreva via Corigliano nel comune di Villaricca, in provincia di Napoli. A causa del manto stradale dissestato, Alessandro perse il controllo del veicolo e cadde. Qualche giorno dopo morì.

Mamma Carolina era presente alla nuova udienza del processo a carico del responsabile della gestione del territorio di Villaricca dell'epoca, Francesco Cicala, accusato di imprudenza, negligenza e imperizia per non aver adottato le misure adeguate per la messa in sicurezza del tratto stradale. Al processo, che si svolge davanti al giudice monocratico del
tribunale di Napoli Nord, dottoressa Alessandra Farina, sono stati sentiti il medico legale che effettuò l'autopsia su Alessandro Selvaggio e l’ingegnere Francesco Bonaurio.

«Il medico legale ha precisato che la non presenza di escoriazioni sul viso e sulla testa di Alessandro conferma che portava il casco», dice Carolina Elia. Che aggiunge: «Dover sentire, a distanza di oltre sei anni, i risultati dell’esame autoptico su mio figlio è qualcosa, anche per me che sono un’infermiera, che lascia distrutti, ma ancora di più sconvolge vedere come si cerchi di accollare la colpa a chi non c'è più, senza tenere conto della sofferenza dei familiari. Io ho sempre immaginato cosa hanno fatto a mio figlio, sia durante gli interventi chirurgici ai quali è stato sottoposto e sia con l’autopsia, ma sentire tutte quelle cose ieri in aula mi ha distrutto. Non sono sola, però. Ho avuto un forte sostegno da parte di Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada ODV, di suo marito Biagio Ciaramella, vice presidente dell’Associazione familiari e vittime della strada, e dell’avvocato Walter Rapattoni. A un certo punto pensavo che avrei perso i sensi. Mi chiedo perché, a distanza di sei anni e tre mesi, una madre e un fratello debbano subire queste vessazioni per avere giustizia. Ringrazio Dio che mio figlio Christian non era presente all’udienza, altrimenti avrei dovuto portarlo fuori, perché da quando è morto Alessandro non trova il suo equilibrio ed è arrabbiatissimo per il fatto che, dopo tutti questi anni, dobbiamo ancora subire. Dopo tre tentativi di archiviazione e una partenza in cui
risultavo testimone e non parte lesa, la giustizia italiana ha mostrato il suo volto».

L’avvocato Walter Rapattoni, legale dell’Associazione Unitaria Familiari e Vittime, ha puntualizzato che la velocità del motorino, in base alle ricostruzioni dell’ingegnere, si aggirava sui 38 km/h, che il tessuto stradale era sconnesso anche per le numerose buche e che la segnaletica era quasi inesistente. «Cercheremo di approfondire meglio la questione illuminazione con una perizia di parte», ha dichiarato Rapattoni, «ho insistito molto per far verbalizzare più aspetti, soprattutto quello del decesso come conseguenza del sinistro, mentre la difesa cercava di far
rientrare il caso in quelli della malasanità, ma il medico ha detto che il trasporto tra una struttura e l’altra era avvenuto nei termini, e che la compatibilità delle lesioni lasciano, con molte probabilità,
ipotizzare che la vittima indossasse il casco. Ho rimarcato tutto questo e siamo riusciti ad arginare i tentativi di addossare un concorso di responsabilità sulla vittima per il fatto che non avesse il casco».

Elena Ronzullo, presidente dell'Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada ODV, si è espressa sulla giustizia italiana, lenta e spesso
poco attenta alle vittime. «Gli imputati vanno difesi in modo corretto», ribadisce Ronzullo, «nel caso in questione hanno fatto di tutto per dare
la colpa al giovane Alessandro. Invece le strade sono disastrate, ci sono ancora le prove. Come presidente dell'Associazione, all’udienza ho
sostenuto la signora Carolina. Ma anche io sono mamma e il mio cuore era spezzato come il suo. Ascoltare il medico legale mentre spiegava nei
minimi particolari i risultati dell'esame autoptico, è stato devastante».

 

 


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27-01-2022 20:03:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA