Fuori c’è un mondo paralizzato dalle conseguenze dei singoli.
Le fogne sono esauste, i rifiuti hanno preso il sopravvento e un liquame malsano minaccia di travolgere tutto. L’unico modo per “salvarsi” sembra essere quello di non uscire.
Dentro, otto personaggi si adattano per convivere e sopravvivere.
Il ristorante da asporto “Il Sorriso” si adegua alle richieste di cibo scadente e liofilizzato, specializzandosi in intolleranze alimentari. Così Plinio (Federico Vanni), ex chef stellato, si ritrova a preparare quotidianamente pasti che disprezza, facendo crescere il fatturato del ristorante improvvisato in una ex carrozzeria…e la sua frustrazione. Sua moglie Clara (Beatrice Schiros) è una ex lavapiatti, ambiziosa al punto da fare numerosi e disperati tentativi di diventare imprenditrice digitale e raggiungere il successo che desidera. Con loro vive Igor (Federico Gatti), figlio di lei e figliastro di lui, un adolescente alle prese con crisi esistenziali e che trova rifugio in videogiochi sulla guerra. “Affonda l’immigrato” è infatti il suo gioco preferito, argomento di discordia costante con Hope (Ambra Chiarello), lavapiatti del ristorante, donna etiope piena di sarcasmo e risentimento che nasconde un grande segreto.
Irrompono nella carrozzeria, personaggi dalle complessità emotive simili, come Mosquito, Mohamed, Cesare e Patty. Mosquito (Aleph Viola) è un carcerato impegnato a scontare parte della pena con lavori socialmente utili; il suo grande sogno è diventare attore.
Mohamed (Aleph Viola) è il personaggio che non entra mai in scena, ma che, come Caronte, fa da traghettatore: porta all’esterno cibo da asporto e, all’interno, tutto il suo disprezzo. In Libano, è professore universitario; in Italia, rider sfruttato e sottopagato. Cesare (Massimiliano Setti) è un aspirante suicida con un drammatico segreto che entra a far parte di questa strana e allargata famiglia per errore o per destino.
Infine, Patty (Elsa Bossi), madre di Plinio, attivista convinta, pronta a sposare qualunque causa umanitaria tranne quella di suo figlio.
Gabriele di Luca firma la poliedrica drammaturgia ed insieme a Massimiliano Setti ed Alessandro Tedeschi cura la regia di uno spettacolo dai toni amari sempre fortemente ironici.
La scenografia e le luci di Lucio Diana proiettano lo sguardo dall’intimo al collettivo, permettendo ai personaggi di muoversi in più spazi con coerenza di intenzioni.
Tutto suggerisce fin da subito il conflitto interno ed esterno dei vari personaggi, come i costumi di Stefania Cempini, curati nei minimi dettagli, che caratterizzano e svelano, di volta in volta, disparità sociali, volontà personali e conseguenze di vita.
Carrozzeria Orfeo racconta la storia di tutti; nessuna tematica sfugge allo spettatore per l’incredibile attualità, il cinismo necessario per sopravvivere e la contemporaneità dei drammi sociali.
In scena, al Teatro Bellini di Napoli fino al 13 marzo.