C’è una chiesa del Settecento, nel cuore del Rione Sanità di Napoli, che s’è fatta un vestito Nuovo grazie al duro lavoro e alla voglia di cambiamento di un gruppo di artigiani, scrupoloso e dedito.
Il desiderio di una nuova vita, in una terra che sembrava arida ma che, forse, era solo annaffiata male, ha fatto sì che germogliassero piccoli miracoli.
E così, le luci che si sono accese, in quella chiesa, in quel quartiere, nelle case e nei cuori dei giovani che ne fanno parte, da quattro mesi sono sfocate. Perché?
Perché si stanno spegnendo le luci del Nuovo Teatro Sanità, anima della Chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo, sui 90 posti per il pubblico spettacolo.
Le attività laboratoriali e di formazione in recitazione e drammaturgia continuano ma il cartellone è sospeso, la stagione ha subito una battuta d’arresto.
Il cartellone è fermo per “lavori di adeguamento della sala alla normativa per il pubblico spettacolo, con la particolarità di dover intervenire in una struttura del ‘700: il bene è di proprietà del Comune di Napoli ma nella disponibilità della Curia e le conseguenti difficoltà burocratiche derivate da questa situazione non ci hanno consentito di raggiungere il risultato”, spiega il collettivo artistico, guidato da Mario Gelardi.
C’è troppo silenzio da parte delle Istituzioni che sa farsi voce grossa quando si parla di progetti in divenire, trasformarsi in bisbiglio all’ombra dei piccoli primi problemi, fino ad arrivare al mutismo di questi ultimi mesi. Ed è inconcepibile perdere l’opportunità di un Teatro che s’è fatto Chiesa, nel senso vero della parola, madre e luogo di rinascita, ospite di personalità di fama internazionale (da Roberto Saviano, che ha firmato la paranza dei bambini con Mario Gelardi, a Toni Servillo) e di folti gruppi di giovani artisti e progetti.
Chi deve intervenire per i lavori di adeguamento? Chi non ha dato ascolto alle richieste, alle proposte, alle domande, di un collettivo che ha fatto molto più della ‘sua parte’ in società?
L’immagine delle sedie in piazza è simbolica ed il teatro resta lì insieme alle attività di formazione, così come nessuno del collettivo artistico ha mai chiesto finanziamenti a privati o a personaggi pubblici (come chiarito sulle loro pagine social) e così come, purtroppo, si sono mobilitati subito per nuovi spazi in cui continuare le attività di spettacolo, pubblici o privati.
Le loro richieste sono rivolte alle Istituzioni e alla Curia, per la risoluzione di problemi cui gli stessi hanno, da soli, più volte, posto rimedio.
Il direttore artistico Mario Gelardi ha più volte scritto e inviato lettere (regolarmente protocollate) alle istituzioni che si sono dichiarate inconsapevoli dell’accaduto.
Ora, probabilmente, questa consapevolezza c’è (?).
Di conseguenza, dovrebbero arrivare quantomeno le prime proposte di risoluzione.
La speranza non muore mai nella città distratta, ma la stanchezza si fa sentire quando chi dovrebbe lavorare per il bene della città, sbadiglia anziché mettersi in moto.
Questo arresto merita una ripartenza. Celere e luminosa, come il lavoro svolto dal collettivo negli ultimi dieci anni instancabilmente, in un luogo che ha ricominciato a fiorire grazie al calore dei fari del Nuovo Teatro Sanità.