GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2024




L'inchiesta

Le invisibili

Laura Ravone anticipa in questo articolo il suo prossimo libro inchiesta sulle badanti

di Red
Le invisibili

Abbiamo un debito di riconoscenza verso quelle persone che noi definiamo “badanti”, coloro che si prendono cura dei nostri anziani, spesso scorbutici, rissosi, incontentabili o lagnosi.
Consentono a noi una vita serena e priva di oneri, una visita a settimana e poi siamo liberi di badare alla nostra famiglia, alle nostre faccende, al nostro lavoro.
Non ci sentiamo in colpa e anzi sentiamo di aver adempiuto in pieno al nostro dovere di figli e nipoti, assicurando al nostro anziano le cure e le attenzioni dovute, da altri ovviamente anzi ... da altre.
Ci siamo mai soffermati a pensare chi siano queste altre? Ci siamo chiesti quale paese abbiano lasciato per venire qui da noi? Quali affetti, abitudini, modi di vivere?
Sappiamo che spesso provengono dall’Europa dell’Est, paesi con una grafia talmente diversa dalla nostra che noi non riusciamo a decifrare, neanche con tutto il nostro maggior impegno.
Non conosciamo la musicalità della loro lingua perché con noi non la parlano, e neanche sappiamo esattamente dove si trovino i loro paesi.
E’ più vicina a noi la Lituania o l’Ucraina? Ecco a proposito dell’Ucraina, dove va l’accento? Come si deve correttamente dire: Ucràina oppure Ucraìna? Ma in realtà a noi non interessa. Se il loro nome è complicato da dire, si fa in fretta ad italianizzarlo, ci vuole un attimo a trasformarlo in qualcosa per noi maggiormente comprensibile. Diciamo pure che noi siamo beatamente … distratti, presi come siamo dalle nostre paure per un domani che si presenta sempre più fumoso, incerto, addirittura indecifrabile. Ci accontentiamo di vivere giorno per giorno, senza porci troppe domande. Eppure, ogni tanto, qualche domanda bisogna pure che ce la facciamo.

Che di badanti se ne trovino molte nelle grandi città sembra quasi un fenomeno scontato. In città la famiglia è diventata mononucleare, i figli hanno creato altrove le loro famiglie, oppure sono troppo presi dal lavoro per occuparsi dei nonni e dei genitori.
Ma che lo stesso fenomeno accada nei piccoli centri dell’entroterra campano mi ha molto meravigliato. In queste zone le case sono ancora molto grandi, a più piani, costruite con grandi sacrifici negli ultimi sprazzi di un boom economico terminato troppo in fretta. Sono state costruite per accogliere le future famiglie dei figli.
Invece anche qui la mai terminata emigrazione ha spopolato i paesini, lasciandovi solo gli anziani, o almeno quelli che non hanno voluto lasciare casa e terra per seguire i figli in giro per l’Italia e il mondo. 
Un tempo, in queste zone, il primo figlio maschio riceveva in eredità la casa, e la nuora riceveva l’onere di curare i suoceri fino al termine della loro vita.  Onere gravoso al quale non ci si poteva sottrarre, vissuto come naturale e scontato. Ma le cose sono cambiate in fretta anche in questi contesti sociali. Gli anziani rimasti soli hanno bisogno di qualcuno che li assista, le badanti appunto, o come si tende ora a chiamarle “caregivers”, anche se in realtà questo termine si dovrebbe applicare solo ai familiari che si prendono cura di persone in difficoltà per disabilità o malattia, non quindi necessariamente anziani.  Ma si sa che dare un nome in lingua inglese ne migliora la percezione.

E allora facciamocela qualche domanda. Intanto quante sono In Italia e in Campania le donne provenienti da altri paesi?

Nel 2020 è stata realizzata una sanatoria, grazie alla quale i lavoratori domestici regolari sono aumentati del 21%.
Al Sud l’impatto più forte: +56,6 in Campania, +33,4% in Puglia, +30,2% in Calabria, secondo i dati statistici su colf e badanti , elaborati dall’Osservatorio Nazionale DOMINA sul Lavoro Domestico. 
Questo settore rappresenta l’85% delle 207.542 domande di regolarizzazione inoltrate al Ministero dell’Interno tra Giugno ed Agosto 2020.
Quasi il 70% delle domande si riferiva a colf (122 mila), il 30% (poco più di 50mila) a badanti , l’1% a baby-sitter (meno di 2mila). Il 90% delle regolarizzazioni si concentra in 10 regioni.
In Lombardia il maggior numero di richieste (47.357), seguono Campania (26.096), Lazio (18.985) ed Emilia Romagna (18.107).
Rispetto al Paese di provenienza, ai primi posti risultano Ucraina (18.639, pari al 10,5%), Bangladesh (16.102, il 9,1%) e Pakistan (15.614, il 8,8%). A seguire: Georgia e Marocco. Quindi tutti Paesi fuori dell’Unione Europea.

La popolazione Italiana, insieme con quella Giapponese, è in verità la più longeva al mondo, e forse con ciò si spiega anche l’esigenza di avere del personale non particolarmente qualificato, ma che abbia cura degli anziani e delle loro abitazioni; del resto credo che a nessuno faccia piacere l’idea di terminare la propria esistenza in una struttura estranea, priva dei nostri ricordi più cari, quella nella quale abbiamo vissuto esperienze, festività, dolori con i nostri parenti più prossimi.

Perché queste persone vengono in Italia?
E’ presto detto e basta citare altri pochi dati  sul PIL (cioè il Prodotto Interno Lordo) pro capite relativo sempre al 2019, cioè la ricchezza prodotta da ogni cittadino di quel determinato Paese. Espresso in USD, cioè Dollari Statunitensi, il PIL pro capite Italiano è pari a 33.228, mentre quello della Romania è 12.919, quello dell’Ucraina è 3.659, quello dell’India 2.099 e quello del Bangladesh è 1.855.  
Credo sia facile comprendere il motivo per il quale in tanti lasciano a malincuore, anzi con dolore, famiglia e casa per venire a lavorare qui da noi.

Dalle interviste che sto conducendo emergono alcuni spunti di riflessione.
Intanto la grande forza d’animo di queste donne, la loro forza e fermezza. Amano l’Italia, adorano il cibo italiano, il carattere aperto e disponibile. Sostengono che non ci sia stato razzismo nei loro confronti.  Apprezzano che qui il Servizio Sanitario sia gratuito per tutti, così come l’Istruzione.
In Ucraina non è affatto così, ed è questo uno dei motivi che le hanno spinte a venire fin qui. Far studiare i figli è stata una motivazione fortissima. 
Forse noi diamo per scontate troppe cose per accorgerci di ciò che abbiamo di importante. Siamo di nuovo “distratti”.  Il viaggio di ritorno a casa per le loro vacanze dura ben 36 ore e anche di più. In bus grandi o piccoli significa ben due giorni ed una notte.
A me sembra un’eternità, stancante anzi estenuante. Invece per loro è una cosa per niente stravolgente. Me ne hanno parlato come di normalità. Molto francamente a me peserebbe molto.  
Si affezionano ai loro pazienti, uomini o donne che siano, hanno un buon rapporto con i parenti, gestiscono in autonomia la vita della casa e della persona che accudiscono. Sono orgogliose dei sacrifici fatti, dei risultati raggiunti dai propri figli grazie al loro sacrificio. Le ho viste serene e appagate, in attesa di poter ritornare fra qualche tempo nel loro paese per mettere a frutto i risparmi e godere finalmente di figli e nipoti. Unico argomento ostico è quello del marito.
C’è reticenza a parlarne e ci sarà un buon motivo, sul quale ovviamente non ho voluto indagare e approfondire. Arrivano in Italia senza conoscere la lingua e neanche il luogo di destinazione, gestite da una rete di solidarietà oppure di interesse non saprei. Sanno solo che qui c’è lavoro ben retribuito e tanto a loro basta per partire. 
I primi tempi per loro sono difficili, devono imparare tante cose, adattarsi ad un ambiente diverso e ad una persona da accudire, che a volte è dispotica e bizzosa.
Poi magari tutto si stempera nella comprensione reciproca, nell’apprezzamento e nell’affetto, ma quanto devono aver sofferto nei loro primi tempi in Italia? Io credo che dovremmo iniziare a “vederle” finalmente.

Laura Ravone


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15-06-2021 15:06:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA