Ognuno ha un piccolo strano mondo in cui, a modo suo, è felice – o si convince di esserlo – e crede che le cose siano esattamente come sono nella sua testa. Così, le sue cose sono inamovibili e così la sua realtà è vera.
Poi, arriva nella sua vita qualcun altro, qualcuno che è un altro e che, a sua volta, ha un piccolo strano mondo in cui eccetera, eccetera, eccetera.
Quando questi individui si incontrano, succede che le visioni, le due personali visioni, possano entrare in conflitto. Oppure che l’uno stia all’altro come il pappagallo sta alla gabbia. In trappola, appunto.
La cosa veramente sensazionale però succede quando il pappagallo è sicuro di trovarsi in un cielo aperto e comincia, nella gabbia, a svolazzare fiero e certo di essere libero.
Accade tra le persone, tra gli animali, a teatro. Accade perché c’è qualcuno che fa apparire una cosa, poi la fa sparire o la sostituisce e infine, la cosa riappare. Accade e questo processo, che può essere la messa in scena, che può essere la vita, si chiama Illusionismo.
È quello che succede a Calogero Di Spelta (Natalino Balasso) con l’illusionista Otto Marvuglia (Michele Di Mauro) ne “La Grande Magia”, al Teatro Bellini di Napoli dal 15 ottobre al 2 novembre.
Considerata l’opera più discussa di Eduardo De Filippo, La Grande Magia racconta la fede o l’illusione che si incarna nelle speranze più profonde degli esseri umani.
I personaggi di questa vicenda si muovono in un tempo di due ore, dipinto in tre quadri.
Calogero Di Spelta, in un giuoco di magia eseguito nell’albergo Metropole in cui alloggia con sua moglie Marta Di Spelta (Alice Spisa), assiste alla sparizione della stessa. Il mago Otto Marvuglia l’avrebbe relegata in una scatola, che viene consegnata al marito geloso e possessivo.
Ossessionato dal timore di perdere il controllo di sua moglie, Calogero Di Spelta non apre la scatola e si sottomette al gioco magico pur di non sapere (la moglie in realtà è fuggita con l’amante).
Nel frattempo, come se fossero giorni, gli anni passano e il Di Spelta vive nella convinzione di tenere sua moglie proprio nella scatola, sempre con sé.
Tutto avviene sotto gli occhi di tutti, familiari del Di Spelta e ospiti dell’albergo Metropole, che tra intrighi, dubbi e accuse, fanno parte del folle giuoco o ne assecondano la prosecuzione.
La regia di Gabriele Russo è ineccepibile perché mette in risalto l’opera di Eduardo De Filippo attraversando forse proprio i timori e gli abbandoni e gli affanni e le critiche che la stessa (ed egli stesso) ha subito. L’impressione è quella di trovarsi nella testa del Di Spelta sì, ma anche in quella dell’autore. E per quanto banale possa sembrare questa affermazione (ogni opera nasce da un autore e ogni spettacolo è un viaggio nella sua testa), raramente riesce in una maniera così intima e profonda.
Lo spettacolo si apre proprio con le parole di Eduardo De Filippo, con la sua voce risentita, rotta, lontana che fa da eco per un tempo necessario all’inizio della messa in scena.
La sensazione che attraversa gli occhi invece è quella di stare in un acquario sporco, con i vetri melmosi, di un verde misto ad azzurro. I personaggi si vedono chiaramente ma quel liquido denso sembra frenarli: si muovono piano, come se fossero impantanati, come se facessero fatica ad uscire da un incubo, da una distorsione. Invece è il cortile dell’albergo, luogo di incontri e di pettegolezzi, su un tappeto di foglie che verranno poi spazzate via dal secondo atto in poi.
I toni delle luci (Pasquale Mari) che passano da un’atmosfera suggestiva ad una più realistica (l’interno della casa di Otto e poi di Di Spelta con il terzo atto) attraversano le sfumature del blu e si incastrano con le musiche (Antonio Della Ragione) intense, dense, misteriose.
Le scene di Roberto Crea sono la scatola nella scatola: racchiudono questi elementi ed i personaggi come in una trappola, creando una miscela perfettamente claustrofobica e medio borghese (merito dei costumi di Giuseppe Avallone).
Il perfetto equilibrio che si crea in scena, - complice di uno squilibrio narrativo interessante perché psicologico, magico, anche triste in quanto chiaramente falsato da un inganno che porterà un uomo ad impazzire (?) – destabilizza il pubblico che ha l’opportunità di domandarsi “cosa è vero” e “cosa è falso”.
La Grande Magia, per dirla in sintesi, è una complessa matrioska: la scatola del teatro contiene la scatola della scena che contiene la scatola dell’illusione che contiene la scatola della fiducia.
Il cast di attrici ed attori d’eccezione ha dato vita ad uno spettacolo che fa dell’illusione la sua guida, ma della gran verità umana (che vacilla e oscilla in cerca di certezze che forse non esistono), il nudo, ricercato, risultato.
Calogero Di Spelta si fa portavoce di un malessere tanto antico quanto contemporaneo e forse più insito nella natura puramente umana piuttosto che riferito ad un arco temporale: il bisogno di credere a qualcosa, in qualcuno. È un bisogno che non cessa nemmeno quando diventa surreale, perché si preferisce soccombere ad una bugia più che venire sepolti dal vuoto del niente.
E così lo spettacolo finisce, nel dubbio che sia tutto un sogno, o meglio un incubo; una fantasia di Calogero che, seppur amara, ha un sapore più dolce della realtà.
La Grande Magia
di Eduardo De Filippo
regia Gabriele Russo
con
Natalino Balasso nel ruolo di Calogero Di Spelta
Michele Di Mauro nel ruolo di Otto Marvuglia
e con in o/a
Veronica D’Elia - Amelia Recchia
Gennaro Di Biase - Mariano D’Albino e Brigadiere di P.S.
Christian di Domenico - Arturo Recchia e Gregorio Di Spelta
Maria Laila Fernandez - Signora Marino e Rosa Di Spelta
Alessio Piazza - Gervasio e Oreste Intrugli (genero Di Spelta)
Manuel Severino - Cameriere dell’albergo Metropole e Gennaro Fucecchia
Sabrina Scuccimarra - Zaira (moglie di Marvuglia)
Alice Spisa - Marta Di Spelta e Roberto Magliano
Anna Rita Vitolo - Signora Zampa e Matilde (madre Di Spelta)
scene Roberto Crea
luci Pasquale Mari
costumi Giuseppe Avallone
musiche e progetto sonoro Antonio Della Ragione
foto Flavia Tartaglia
produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini, Teatro Biondo Palermo, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale