Quattro ore di domande, quattro ore per ripetere sempre la sua verità. “Ho commesso degli errori, ma non sono in malafede”. Questo ha risposto l’ufficiale del Noe Gianpaolo Scafarto al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, all’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi durante l’interrogatorio cominciato ieri in procura a Roma, intorno alle tre del pomeriggio e finito dopo le sette di sera. I magistrati contestano a Scafarto due falsi: una nuova analisi delle intercettazioni aveva svelato che una frase attribuita all’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, riguardo a un incontro con Tiziano Renzi, era stata in realtà pronunciata dall’ex parlamentare di An e collaboratore di Romeo, Italo Bocchino. Ieri però secondo il legale dell’ufficiale del Noe, l’avvocato Annunziata: «Il capitano Scafarto ha risposto ad ogni domanda ricostruendo tutte le indagini. Una ricostruzione puntuale, ha spiegato cosa è accaduto. Possiamo parlare di errore, dobbiamo valutare l’elemento soggettivo. Ha ricostruito le telefonate e i criteri». Per l’avvocato l’ufficiale di Castellammare “è concentrato. La nostra tesi è che il fatto storico esiste, ma il reato contestato non si configura perché riteniamo di avere dimostrato che non c’è l’elemento soggettivo”. Adesso il penalista e il suo assistito produrranno una memoria difensiva da consegnare alla Procura.
Scafarto ha anche sostenuto che i servizi segreti lo seguivano quando ha condotto l’operazione di ritrovamento dei pizzini che hanno incastrato Romeo. Nell’avviso di garanzia consegnato al militare si leggeva infatti che: «Scafarto affermava, contrariamente al vero, che “ad un certo punto Bocchino si allontana e Romeo continua a parlare e dice: Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”». La frase - in quanto attribuita dal Noe a Romeo - agli occhi dei pm aveva assunto «straordinario valore» consentendo di «inchiodare alle sue responsabilità Tiziano», perché dimostrava che «Romeo e Renzi si erano incontrati». Ma la vicenda è andata diversamente, in quanto «tale affermazione era stata proferita da Bocchino come peraltro correttamente riportato sia nel sunto a firma del vicebrigadiere Remo Reale, sia - scrivono - nella trascrizione a firma del maresciallo capo Americo Pascucci». Non solo: è stato accertato come falso anche che i Servizi pedinavano i carabinieri del Noe che indagavano su Romeo. Si legge nel capo di imputazione che l’ufficiale «aveva evidenziato come, mentre i militari si erano recati a piazza Nicosia per effettuare l’acquisizione della spazzatura prodotta dalla Romeo Gestione spa, gli stessi notavano persone, in abiti civili in atteggiamento sospetto, che più volte incrociavano lo sguardo degli operanti e controllavano le targhe delle auto». In particolare, «una persona (fotografata) ha più volte percorso le strade adiacenti piazza Nicosia, controllando le targhe dei mezzi parcheggiati». Nel fare ciò Scafarto «ometteva di riferire all’autorità giudiziaria» che l’uomo sospettato di essere uno 007, perché osservava i carabinieri mentre recuperavano “i pizzini” di Romeo da cui è nata tutta l’inchiesta, era in realtà un cittadino con residenza in quella strada. Il giorno più lungo per l’ufficiale stabiese è già alle sue spalle.