Il clan Cesarano firmò un patto di ferro per uccidere chi provava a fare concorrenza alle cosche negli affari legali al trasporto su gomma. C'è anche il boss Luigi Di Martino, detto o Profeta tra i cinque arrestati come mandanti dell'omicidio di Aldo Autuori, avvenuto a Pontecagnano Faiano la sera del 25 agosto del 2015. I carabinieri della compagnia di Battipaglia, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, hanno eseguito cinque arresti. Si tratta di Francesco Mogavero, Enrico Bisogni, Luigi Di Martino (detto «il profeta»), Francesco Mallardo e Stefano Cecere. I primi quattro già detenuti per altri reati mentre il quinto, Cecere, è stato individuato e arrestato nella serata di ieri dai carabinieri.
Due gli indagati per i quali il Gip del Tribunale di Salerno non ha concesso le misure cautelari. Le indagini della direzione distrettuale antimafia hanno individuato in Mogavero e Bisogni i mandati dell'omicidio Autuori. Alla base del movente la concorrenza del trasporto su gomma.
In conferenza stampa il procuratore vicario di Salerno, Luca Masini, supportato dai pm Rocco Alfano e Marco Colamonici, ha spiegato i dettagli dell'operazione conclusasi la scorsa sera. La svolta alle indagini sarebbe avvenuta grazie a una intercettazione telefonica di un'utenza di uno degli indagati. Dalle telefonate si è potuto ricostruire in parte i ruoli dei mandanti dell'omicidio Autuori. Fondamentale anche le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia. L'omicidio avvenne in una piazza centrale di Pontecagnano Faiano. La vittima fu raggiunta da due sicari a bordo di uno scooter che esplosero una serie di colpi con una pistola che non è stata trovata. L'uomo riuscì a scappare in un vicolo ma venne raggiunto dai due che lo freddarono con ulteriori due colpi. Secondo la ricostruzione degli investigatori Francesco Mogavero ed Enrico Bisogni, ai vertici del clan Pecoraro-Renna, decretarono la morte dell'uomo colpevole del fatto che aveva allestito una serie di attività nel settore dei trasporti su gomma di prodotti nella Piana del Sele, di intralcio nel predominio dello stesso clan. Luigi Di Martino, invece, avrebbe fatto da intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali, mentre Francesco Mallardo, reggente dell'omonimo clan del Giuglianese, all'epoca dei fatti sottoposto al regime di libertà vigilata a Sulmona, forniva a Luigi Di Martino, appunto, la disponibilità dei suoi uomini per l'esecuzione del delitto.
Stefano Cecere, stretto collaboratore di Francesco Mallardo, infine, avrebbe fatto da tramite con Luigi Di Martino. Le indagini hanno evidenziato come i vari clan in questione (quello dei Mogavero - Bisogni di Pontecagnano, quello dei Cesarano di Castellammare di Stabia e quello dei Mallardo di Giugliano in Campania) avevano allacciato strettissimi rapporti per consolidare il controllo sui rispettivi territori, scambiandosi reciproci favori.