Un patto lo legava ai D'Alessandro per gestire un monopolio nel traffico di droga sul mercato stabiese. Dalla produzione nei terreni dei Lattari alla vendita nelle piazze di spaccio, come il quartiere Savorito o il centro antico di Castellammare, fino ai clienti della penisola sorrentina.
Si sentiva al sicuro in casa sua Antonio Di Martino, dove tornava sempre più spesso passando nei cunicoli che si era fatto costruire tra Gragnano e Pimonte. Ma questa volta non è andata come le altre.
Il boss dei Lattari da ieri è in cella.
Deve rispondere di traffico di droga, spaccio ed estorsione aggravata. Secondo gli inquirenti sarebbe stato lui a raccogliere l'eredità del padre, nel posto di comando di una delle cosche più feroci della Campania e in accordo con la ndrangheta.
Noto anche per le sue fughe. Tra tutte la più rocambolesca nel 2015, quando è riuscito a sfuggire all’arresto lanciandosi da un cavalcavia nel vuoto e rimanendo miracolosamente illeso. Poi i due anni vissuti nella sua roccaforte, da ricercato, restando al comando della sua organizzazione.
Di Martino aveva conquistato un posto nello scacchiere nazionale delle organizzazioni criminali, anche grazie al patto con le cosche calabresi, che gli avevano permesso di importare decine di carichi di marijuana e cocaina destinati alle piazze di spaccio della provincia.
Ma da ieri il boss ha cambiato vita. La sua ultima fuga si è conclusa, senza salti nel vuoto. In una cella lontano dalla sua roccaforte e dagli uomini che lo hanno protetto fino a qualche ora fa.
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