De Sade (citato tra gli altri nella pièce) afferma che esiste un limite tra ciò che è possibile immaginare e ciò che è possibile realizzare.
Limite che pare essere sarcasticamente valicato con Glory Wall di Manzan e Placidi: dai fori nella quarta parete che idolatra e accondiscende più di quanto separi, dalle frasi taglienti, dall’esibizione con tanto di intervista ai genitali, esposti dal foro nel muro su cui, pochi istanti prima, venivano riflessi i nomi illustri che hanno fatto la storia dell’arte, sottoposti a censura.
Esperimento riuscito: autocensurarsi, provocare, nascondere i volti degli attori fino alla fine della messa in scena e mostrare solo pezzi dei loro corpi, evidenziando ciò che fa realmente la censura: esaltare ciò che tenta di nascondere.
Debutta nella sala del Piccolo Bellini il 7 marzo, ancora in scena fino al 12, il Miglior spettacolo alla Biennale Teatro 2020 e lo fa con un pubblico folto, divertito, coinvolto.
Nell’immaginazione - afferma e mostra Manzan – siamo più vulnerabili e continuamente soggetti alla più sottile e perfetta forma di censura. Ed è proprio con Rocco Placidi, Paola Giannini, Giulia Mancini, Alessandro Bay Rossi e La Censura (interpretata da Il Muro) che lo schema della censura si rompe o meglio, si sfonda.
Coinvolgenti e irriverenti i primi minuti dello spettacolo senza buio in sala, con la presenza del pubblico protagonista assoluto insieme al muro grande quanto il boccascena e una tastiera che improvvisa parole proiettate. Che stanno facendo, le prove? Di cosa si tratta? Del processo creativo, della necessità da portare in scena, dell’urgenza da rappresentare. Quella cosa che, a detta del regista, nessuno è stato in grado di fare dopo i Grandi affissi sul suo muro glorioso, nemmeno lui. Perché ciò che è avvenuto immediatamente dopo questi illustri personaggi censurati è stato un banale scimmiottare ed il teatro pare non abbia più nulla da dire, compreso Glory Wall. Infatti, lo spettacolo non esiste, perché è costruito sulla richiesta della Biennale di creare uno spettacolo sulla censura, quindi uno spettacolo che muore nel momento stesso in cui nasce.
“Quello che vedrete non è uno spettacolo sulla censura. Questo è uno spettacolo censurato. Di conseguenza, non esiste.”
I fori nel muro della gloria, rappresentano ingressi o uscite (d’emergenza) liberi dal caos o dai gusti sessuali. C’è chi parla, c’è chi legge, c’è chi beve e chi spia. Le presenze certe sono quelle di Pier Paolo Pasolini, Giordano Bruno e de Sade interrogati e interpretati dal pubblico che diventa protagonista assoluto della scena.
Braccia rosse che dialogano, censura che mette in risalto, il nulla che regge il tutto.
Anche questo articolo in fondo non esiste perché si posa su uno spettacolo che non c’è.
Glory Wall è una dietrologia, è il processo creativo molestato e stimolato dalla Censura.