Alla fine ci sono riusciti, e così il 15 di settembre al compimento di 4 anni, 6 mesi e un giorno dalla data della loro prima nomina 608 parlamentari (417 deputati e 191 senatori) matureranno la pensione calcolata con il sistema contributivo (quelli con più legislature non avevano problemi al riguardo).
Detta in soldoni incasseranno al compimento di 65 anni un assegno netto mensile di circa 1100 euro così come prevede la riforma dei vitalizi approvata nel 2011, e poco conta che la pensione sia de facto e non come il famoso vitalizio di prima.
La pensione sarà calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati (come accade a tutti gli italiani) e non scatterà prima del compimento dei 65 anni, che però possono diventare 60 in caso di rielezione per almeno altri 4 anni 6 mesi e un giorno.
Questo spiega perchè dopo il referendum del 4 dicembre us. non sono scattate le elezioni anticipate, insomma la cosiddetta casta ha fatto in modo di arrivare al 15 settembre 2017 per maturare il diritto alla pensione pagata dallo Stato.
Una data, quella del prossimo 15 settembre che consentità alla fine a chi non entrerà più in parlamento nel 2018 di incassare al compimento di 65 anni, un assegno che dovrebbe aggirarsi sui 1.000-1.100 euro al mese, che in molti casi si aggiungeranno ad altre rendite previdenziali dovute ad altri lavori svolti in passato o che si svolgeranno in futuro.
Ultima curiosità: sulle casse dello Stato graveranno ancora e non si sa fino a quando 2.600 vecchi vitalizi calcolati con il sistema antecedente il 2011 e al momento non ricalcolati sulla base dei nuovi parametri.