LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2024




Castellammare

Crolla l'impero della famiglia Longobardi, arrestati padre e figlio: progetti fantasma per incassare soldi pubblici

Nell'inchiesta della Guardia di Finanza coinvolti nove stabiesi, anche corsi di formazione fittizi

di Redazione
Crolla l'impero della famiglia Longobardi, arrestati padre e figlio: progetti fantasma per incassare soldi pubblici

Affari di famiglia. Sono nove gli stabiesi coinvolti nella bufera giudiziaria che ha travolto Unimpresa. Una saga familiare che ha fondato le sue fortune sull’ascesa dell’imprenditore Paolo Longobardi e del suo braccio destro il figlio Vincenzo. Successi che hanno consentito all’imprenditore di Castellammare di sedere nella giunta della Camera di Commercio di Napoli. Ma ieri il castello finanziario ha cominciato a crollare. Padre e figlio sono stati arrestati insieme a Raffaele Ottaviano con l’accusa di avere costruito il loro impero finanziario incassando soldi pubblici per progetti fantasma. Se al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza c’è Unimpresa, secondo gli inquirenti il sistema, che intascava fiumi di denaro pubblico, si reggeva su una decina di società di cui faceva parte anche il resto della famiglia Longobardi, nei guai è finita infatti anche la figlia Anna. Sono oltre 60 i progetti di pubblico interesse mai attuati e per i quali è stata invece presentata una documentazione falsa per attestarne lo svolgimento e intascare i relativi finanziamenti sono al centro dell'indagine del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli. Nell’inchiesta anche Agusto Longobardi, Stefania Zinno, Virgina di Maio di Castellammare e Giuseppe Fortunato di Gragnano. E Castellammare avrebbe anche beneficiato sulla carta di più di un’iniziativa finanziata con fondi pubblici, attività di cui sono rimasti solo i titoli sul mare, la legalità, la cucina. Di cui non c’è traccia e ricordo in città. Corsi di formazione fittizi, sportelli informativi mai aperti, fitti pagati due volte. 
Disposto anche il sequestro preventivo di 1 milione e 200 mila euro. L'inchiesta riguarda - secondo quanto sottolinea il procuratore aggiunto di Napoli, Alfonso D'Avino - una serie di illeciti ai danni della Camera di Commercio di Napoli, perpetrati nell'ambito delle procedure di erogazione dei cospicui finanziamenti pubblici che l'ente assegna a beneficio di numerose associazioni di categoria per lo svolgimento di progetti ed eventi di promozione della realtà socio economica partenopea.
Le persone coinvolte, secondo l'accusa, avrebbero illecitamente beneficiato di erogazioni pubbliche destinate dalla Camera di Commercio di Napoli per la tutela dei mercati e dei consumatori oltre che per la promozione dell'impresa e dell'artigianato, dirottandole a vantaggio proprio o di società loro riconducibili. La Procura contesta la falsificazione delle firme sulla ricevute di pagamento per prestazioni o collaborazioni rese dai terzi e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Inoltre, per il procuratore aggiunto di Napoli, ''sono stati redatti rendiconti non veritieri, è stato dichiarato fittiziamente di aver aperto sportelli informativi presso alcuni Comuni, sono stati presentati piani finanziari identici per più progetti, sono stati chiesti contributi per pubblicazioni già realizzate o per nuove edizioni mai pubblicate, sono stati allegati ai rendiconti assegni utilizzati per l'acquisto di beni o servizi che nulla avevano a che fare con il progetto finanziato''. Tutto questo è stato possibile, rileva la Procura di Napoli, anche per ''l'assoluta assenza dei controlli svolti dalle competenti strutture o, addirittura, la consapevole complicità di alcuni infedeli dipendenti camerali''. 


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09-07-2016 12:07:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA