Negozi, ristoranti, parrucchieri potrebbero riaprire il 18 maggio, almeno al Sud dove il contagio è più basso. Ma solo se i dati del monitoraggio del contagio daranno disco verde, non certo su iniziativa "improvvida" e "illegittima" di singoli governatori. Il premier Giuseppe Conte affronta le Aule parlamentari trasformate in ring e non solo difende le scelte compiute sul 4 maggio ma decide di indicare un orizzonte chiaro per aperture più ampie e di offrire spiragli per il riavvio di asili nido e campi estivi. Ribatte anche alle critiche di chi lo accusa di essersi mosso con i suoi dpcm fuori dalla Costituzione: il governo, sottolinea, ha sempre rispettato quei principi e non ha mai agito "in solitaria". Non convince però né l'opposizione, né Matteo Renzi, che gli lancia un "ultimo appello" che sa di ultimatum: "Non abbiamo sventato i pieni poteri a Salvini per darli a te: se scegli il populismo non avrai Iv al tuo fianco".
Il premier liquida con parole gelide l'attacco di Renzi: "Nessun ultimatum, chiede di fare politica e la stiamo facendo". Il secondo decreto sarà per "la Rinascita", con il riavvio di cantieri con iter più rapidi, investimenti, semplificazioni.
Il premier difende il dpcm per la fase 2, spiega di non poter né voler controllare i rapporti familiari, ma aggiunge che da quelli nasce un quarto dei contagi. Perciò le aperture di ristoranti, musei e parrucchieri si valuteranno sulla base del meccanismo di monitoraggio del contagio elaborato dal ministro della Salute. Due gli scenari. Il primo: nelle aree (Regioni, città, frazioni) in cui il contagio sale, si procederà a chiusure "mirate". Il secondo: nelle Regioni dove il contagio è più basso, come alcune di quelle del Sud, ci saranno aperture più ampie e accelerate. Con 105mila contagi accertati ("Ma sarebbero molti di più"), per adesso non si può fare di più.
"Abbiamo scelto anche misure impopolari senza pensare al consenso, perché per ora non si può assicurare il ritorno alla normalità", spiega Conte. Che difende la sua linea anche dall'accusa di aver poco coinvolto il Parlamento nelle decisioni. Il governo, sottolinea, agisce dopo una dichiarazione di stato d'emergenza e sulla base di due decreti che danno supporto normativo: i dpcm servono ad assicurare "tempestività".
Decisioni "ondivaghe", rivendica, avrebbero avuto effetti irreversibili. I principi costituzionali richiamati dalla presidente della Consulta Marta Cartabia "non sono mai stati trascurati né affievoliti", afferma. Ma non convince tutti.
Puoi ricevere le notizie de IlCorrierino.it direttamente su WhatsApp. memorizza il numero 334 919 32 78 e invia il messaggio "OK notizie" per procedere