Comune usato come bancomat, soldi dei cittadini sborsati per pagare notti in alberghi di lusso e cene a Milano e Roma. Un conto salato che ora la Procura di Torre Annunziata chiede di fare pagare a chi è considerato il regista dell’operazione che ha dilapidato le risorse del comune e ai complici che lo avrebbero aiutato. Ieri il pm Maria Benincasa ha chiesto una condanna a due anni per l’ex sindaco Luigi Bobbio. Sul banco degli imputati con lui la Cabina di regia, un organo che per i magistrati di Torre serviva solo “per fare arricchire il suo collettore politico”. Protagonista della storia processuale l’amico di sempre del magistrato prestato alla politica, il consulente Francesco De Vita. Per l’avvocato, uomo di fiducia del sindaco di destra, la pubblica accusa ha chiesto sei anni. Nell’arringa di ieri, riportata oggi integralmente dalla giornalista Alessandra Staiano su Metropolis, la pubblica accusa prova a dimostrare che si trattava di un sistema improntato a curare solo interessi personali e sentimentali. E’ De Vita, il responsabile della campagna elettorale di Bobbio, che a vittoria avvenuta, è diventato il coordinatore della Cabina di regia. Suoi sono gli scontrini rimborsati da dipendenti ritenuti compiacenti, che facevano pagare al comune di Castellammare i conti di soggiorni in hotel e ristoranti. Novantotto sono i locali nei quali De Vita avrebbe cenato in compagnia di una donna, 70 sono a Roma dove il consulente viveva e a Milano dove andava per lavoro. Cene non giustificate a spese del comune, che avrebbe pagato anche una bottiglia di vino da 100 euro. Spese pazze per le quali oggi risponde anche Vincenzo Battinelli, l’ex dirigente che liquidava le cifre senza controllare o bloccare rimborsi di cene e trasferte. Un incasso finito nelle tasche di De Vita, aggiuntivo all’indennità di 160 mila euro all’anno, completamente ingiustificata da un ruolo che si sarebbe ridotto nel copiare le relazioni di altri dipendenti del comune. Sostiene oggi la Procura. Infatti per il Pm è proprio l’incarico all’amico di Bobbio ad essere illegittimo in quanto tale. Per l’accusa De Vita andava escluso poiché era già stato investito da un’inchiesta a Roma e il comune era in una situazione di deficit. Avrebbero quindi avuto ragione il Pd e i consiglieri di opposizione nel denunciare che “De Vita veniva pagato per non fare nulla”. Di più, quando l’ex sindaco Vozza da rappresentante dell’opposizione ha conteggiato che il consulente era stato pagato per una solo relazione prodotta, costata più di 15 mila euro a pagina avrebbe fatto bene i conti. In sintesi si sarebbe trattato di “un incarico clientelare ad un amico”. Un incarico per cui ora il magistrato, in servizio al Tribunale di Nocera, potrebbe pagare con una condanna a due anni. Comune usato come bancomat, soldi dei cittadini sborsati per pagare notti in alberghi di lusso e cene a Milano e Roma. Un conto salato che ora la Procura di Torre Annunziata chiede di fare pagare a chi è considerato il regista dell’operazione che ha dilapidato le risorse del comune e ai complici che lo avrebbero aiutato. Ieri il pm Maria Benincasa ha chiesto una condanna a due anni per l’ex sindaco Luigi Bobbio. Sul banco degli imputati con lui la Cabina di regia, un organo che per i magistrati di Torre serviva solo “per fare arricchire il suo collettore politico”. Protagonista della storia processuale l’amico di sempre del magistrato prestato alla politica, il consulente Francesco De Vita. Per l’avvocato, uomo di fiducia del sindaco di destra, la pubblica accusa ha chiesto sei anni. Nell’arringa di ieri, riportata oggi integralmente dalla giornalista Alessandra Staiano su Metropolis, la pubblica accusa prova a dimostrare che si trattava di un sistema improntato a curare solo interessi personali e sentimentali. E’ De Vita, il responsabile della campagna elettorale di Bobbio, che a vittoria avvenuta, è diventato il coordinatore della Cabina di regia. Suoi sono gli scontrini rimborsati da dipendenti ritenuti compiacenti, che facevano pagare al comune di Castellammare i conti di soggiorni in hotel e ristoranti. Novantotto sono i locali nei quali De Vita avrebbe cenato in compagnia di una donna, 70 sono a Roma dove il consulente viveva e a Milano dove andava per lavoro. Cene non giustificate a spese del comune, che avrebbe pagato anche una bottiglia di vino da 100 euro. Spese pazze per le quali oggi risponde anche Vincenzo Battinelli, l’ex dirigente che liquidava le cifre senza controllare o bloccare rimborsi di cene e trasferte. Un incasso finito nelle tasche di De Vita, aggiuntivo all’indennità di 160 mila euro all’anno, completamente ingiustificata da un ruolo che si sarebbe ridotto nel copiare le relazioni di altri dipendenti del comune. Sostiene oggi la Procura. Infatti per il Pm è proprio l’incarico all’amico di Bobbio ad essere illegittimo in quanto tale. Per l’accusa De Vita andava escluso poiché era già stato investito da un’inchiesta a Roma e il comune era in una situazione di deficit. Avrebbero quindi avuto ragione il Pd e i consiglieri di opposizione nel denunciare che “De Vita veniva pagato per non fare nulla”. Di più, quando l’ex sindaco Vozza da rappresentante dell’opposizione ha conteggiato che il consulente era stato pagato per una solo relazione prodotta, costata più di 15 mila euro a pagina avrebbe fatto bene i conti. In sintesi si sarebbe trattato di “un incarico clientelare ad un amico”. Un incarico per cui ora il magistrato, in servizio al Tribunale di Nocera, potrebbe pagare con una condanna a due anni.