Un vento caldo e un cielo dal colore indimenticabile. Castellammare porta ancora le ferite del terremoto in quei palazzi mai più ricostruiti e nel centro antico spopolato. Un pezzo di città a cui non è mai stata data la possibilità di un riscatto. Soldi pubblici non spesi e mura lasciate crollare nel degrado. Segni di una ricostruzione incompiuta che, ancora oggi, condizionano la vita delle famiglie della periferia Nord. Tanti i bambini che vivono in 'appartamenti container' pensati per offrire un tetto per sei mesi e diventati una casa per quarant'anni. Case che si allagano, dove si combatte con i topi e il freddo, passate da una generazione all'altra. Non parla di quello che c'è ancora da fare a Castellammare il sindaco Cimmino. Più che su quanto la città ancora si aspetta, interviene su un sentimento di unità. Scrive questa mattina: "Quei 100 secondi in cui la terra ha tremato, il 23 novembre 1980, rappresentano una delle pagine più drammatiche della nostra storia. Sono trascorsi 40 anni dal terremoto dell’Irpinia, che ha spezzato quasi 3000 vite umane, tra cui 24 stabiesi, e ha dato il via ad una triste sequenza di corruzione e malaffare per ricostruire ciò che il sisma aveva ridotto in macerie. In quello scenario di morte e distruzione, tuttavia, mi piace ricordare la catena di generosità e di solidarietà che ha mobilitato tutto il Paese. Un segnale di speranza e un esempio da seguire per riprenderci oggi quello che un nemico invisibile ci ha sottratto in questi giorni così difficili. Le ferite non si rimarginano, ma la memoria ci aiuta ad acquisire consapevolezza ed esperienza. Mettendo da parte i personalismi e ispirandoci a quel sentimento collettivo di unità nazionale, potremo delineare un futuro, una prospettiva, un disegno nuovo di sviluppo per la nostra terra"