Ai titolari delle pescherie veniva imposto persino l'acquisto dell'acqua di mare. A Castellammare sono i commercianti le principali vittime del racket imposto dal clan D'Alessandro.
Drammatica la situazione che emerge dall'inchiesta della Dda sugli anni dal 2013 al 2015, condotta dai pm Cimmarotta e Curatoli, che hanno descritto anche come avveniva la commercializzazione dei prodotti ittici nelle numerose pescherie della zona da parte del clan D’Alessandro.
Non solo i commercianti erano obbligati acquistare il pesce del giorno e prodotti surgelati ma anche l’acqua venduta a circa 5 euro a bidone. Un commercio, solo quello dell’acqua, da migliaia di euro l’anno.
Ma il danno sarebbe stato doppio. Anche per la salute degli acquirenti. Conversazioni intercettate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata descrivono come avveniva il traffico clandestino di acqua inquinata. L’acqua era utilizzata dai pescivendoli, ignari di tutto, per rinfrescare i prodotti ittici, soprattutto frutti di mare, dopo il processo di purificazione.
In quanto l’acqua venduta era inquinata poiché prelevata in punti dove era vietato perchè per la presenza di scoli fognari e degli scarichi di barche e motoscafi Nello specifico l’area portuale e Acqua della Madonna. A rivelare il luoghi del prelievo gli stessi protagonisti durante le intercettazioni telefoniche.