LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2024




Il ricordo

Castellammare, muore medico il ricordo del collega Vingiani: 'Giovanni non si è mai tirato indietro'

La riflessione: 'Nessuno ha fornito le protezioni per curare gli altri senza rischio'

di Redazione
Castellammare, muore medico il ricordo del collega Vingiani: 'Giovanni non si è mai tirato indietro'

Riceviamo e pubblichiamo il ricordo del dottore Amleto Vingiani su Giovanni Tommasino "La morte di un medico, collega ed amico, strazia l’anima e riporta il ricordo alle chiacchierate allegre, alla sua disponibilità al prossimo, al sorriso buono, alla gentilezza d’animo di chi si è trovato all’improvviso a soffocare, contagiato da ciò che provava a combattere senza risparmiarsi e senza fuggir via come tanti altri. Perché di fronte alla paura non ci sono solo gli “eroi” ma tanta gente normale che prova a proteggere sé ed i propri cari e senza diventare per ciò “vigliacco” mantiene le distanze, usa tanto il telefono, insomma non si tuffa. Lui no, era di quelli che andavano al fronte buttandosi nella mischia, lo ha affermato nelle sue ultime parole dette a tutti:” io dovevo uscire”, un imperativo che sentiva dentro e che l’ha reso eroe, lui che non ne aveva il fisico ma il cuore sì. Un episodio tragico, la cui portata non viene diluita dall’essere accaduta in un tempo di tempesta, in cui tanti, talvolta giovani, sono stati portati via da questo vento d’inferno che è il Covid-19. Non viene diluita perché se in tempo di guerra ( o epidemia che è lo stesso ) è normale, quasi accettabile, morir tra i tanti eppure ci sono delle morti che fanno riflettere sul tempo che viviamo e sul senso di giustizia. Si era impreparati alla bufera ma questo è normale, non ci si attrezza contro l’apocalisse, nessuno se lo può permettere; ma noi in Italia, sull’onda del neoliberismo eravamo più impreparati di 10 anni fa : avevamo fortemente depotenziato la Sanità perdendo unità lavorative, ospedali e stanto personale. Cosa era diventata, intanto , in questi 20 anni di definanziamento la figura del medico? Poca cosa. Senza alcun potere, inascoltato in occasione di ogni riforma, colpito sempre più a fondo nella dignità, esposto ad ogni violenza e rivalsa negli ospedali. Soprattutto nei Pronto Soccorso è stato offeso e minacciato, poi visto che nulla accadeva, picchiato anche selvaggiamente, stuprato, talvolta ucciso. Spesso una magistratura da accatto ha concesso all’aggressore ogni possibile attenuante emotiva. Negli stessi anni ogni esito non favorevole di un paziente diventava occasione di accusa, insulto e rivalsa, segnalata e caldeggiata da stampa attenta allo spettacolo. Però neanche difendersi potevano perché quell’atteggiamento lo si chiamava medicina difensiva, reato contro le finanze dello Stato, da combattere con ogni rigore possibile. Le grandi riforme della Sanità le hanno chiamate aziendalizzazione, come se non fosse ossimoro parlare di profitto in sanità. Ed allora la politica, mai tiratasi dietro di fronte ad un piatto così ricco, ha inviato il peggio possibile a governare le Aziende Sanitarie, il peggio in termini di mancata competenza ed arroganza, disprezzo verso chi materialmente ci lavorava. Ricordate cosa diceva Tacito dei suoi concittadini Romani in Britannia? Desertum fecerunt et pacem appellaverunt … anche qui hanno ridotto tutto allo stremo e l’hanno chiamata Azienda. Il Coronavirus è arrivato su questo micidiale mix di definanziamento, incapacità di governo, demotivazione acuta di chi deve lavorarci, insomma la classica mancanza di uomini e mezzi. Ma non son cessate arroganza ed ipocrisia: le maschere non servono si è detto per un mese, salvo che per gli operatori: falso. Lo si è detto perché non ce n’erano. Salvo che per gli operatori? In ospedali a noi vicini hanno consegnato una singola mascherina a sanitario e a chi segnalava la necessità del monouso si è risposto di lavarle! E chi ha fornito i medici di base di presidi di protezione individuale? Nessuno, ognuno faccia da sé. I tamponi poi…Possibile che chi ha sintomi debba rimanere in casa e basta aspettando ciò che non verrà? Possibile che solo chi ha sintomi gravi, cioè già la polmonite, debba essere soccorso e dopo tempi lunghi? Forse sì, non può andare diversamente ma non dite che tutto è perfetto. E’ la prima volta che l’Occidente affronta una cosa del genere, così drammatica. Giusto essere impreparati, siamo in un immensa provetta, in un laboratorio in cui si cammina però in grande fretta verso una luce. Ma in questo laboratorio i medici continuano ad essere carne da trincea. Li chiama eroi da subito la cattiva coscienza di chi quasi non ci sperava che avessero ancor voglia di fare i medici. Li chiama eroi la pubblica ipocrisia di chi non dice il vero perché non si può dire, pena allarme. Ma loro son lì, sulla barricata, perché hanno quella implacabile voglia di aiutare chi sta male che non cede alla paura, all’istinto di autoconservazione, è più forte di tutto non so se l’amore ma certo la solidarietà per il prossimo. Ed allora capisci anche perché Franco Faella, grande medico e fin nei cromosomi, ha detto sì a chi lo chiamava in barricata a 74 anni. Il nostro amico era anche lui così, andava senza chiedersi tante cose, senza particolari protezioni perché nessuno gliene aveva date, forse pure con paura ma andava perchè si doveva e basta. La luce del suo esempio non è per tutti, troppo difficile imitarlo. Ma rimane ad imperitura memoria, spero, per ciò che andrà fatto in futuro. Ancor più: la sua figura rimane tra noi con tutto il suo calore e la sua umanità, cose così rare di questi tempi. Grazie fratello nostro di esserci stato".
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06-04-2020 08:34:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA