La maggioranza di centrodestra accolse con gli applausi il suo discorso. Emanuele D'Apice dedicò la sua elezione a Presidente del Consiglio comunale di Castellammare al padre condannato per i rapporti con il clan Cesarano a Pompei e la vicenda è finita nel dossier sullo scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Per poi diventare anche motivo della sua incandidabilità. Ma oggi è stato accolto il suo ricorso.
“Un sentito ringraziamento ai magistrati del collegio giudicante della Corte d’Appello di Napoli, che con questa sentenza hanno fatto piena chiarezza e diradato i sospetti che una certa area politica aveva agitato anche nei miei confronti con l’obiettivo, purtroppo raggiunto, di far sciogliere il Consiglio comunale di Castellammare”. Così Emanuele D’Apice, ex presidente del Consiglio comunale di Castellammare di Stabia, commentando la decisione dei giudici d’Appello che hanno revocato la sua incandidabilità e condannato il Ministero al pagamento delle spese processuali. “A differenza di certi giornalisti e professionisti dell’anticamorra come Vicinanza, Ruotolo e company, che costruiscono le loro vittorie elettorali sull’attacco sistematico all’avversario politico, mettendo in moto la macchina del fango sul nulla, ma tacendo sul quadro inquietante che emerge in casa Pd per l’inchiesta sui mandanti dell’omicidio Tommasino, i magistrati hanno lavorato per far emergere la verità”, ha concluso D’Apice.