Piange e dice che a scuola non vuole più andare. "Sono stanco di questa vita". Il suo tono è fermo e il ragionamento è quello di un adulto, ma lui ha solo 10 anni e non ce la fa più. Non intende sopportare ancora chi lo definisce "marocchino" e lo insulta per il colore della pelle. Chi lo segue nel corridoio della scuola per spingerlo, rischiando di rompergli gli occhiali, o per strada per insultarlo. È la denuncia di un bambino di quinta elementare vittima dei suoi compagni di classe in un istituto comprensivo di Castellammare. "Non possono sfottermi solo per il colore della mia pelle" dice provando a spiegarsi quello che accade da cinque anni ogni volta che incontra bulli. "Eppure la maestra lo dice in classe che questo non si fa, che è bullismo". Ma loro fanno peggio quando gli sguardi degli insegnanti ci sono. Il bimbo consegna il suo messaggio in una chat, tramite un audio rivolto ad una mamma di un suo amico, a cui prova a spiegare il suo stato d'animo: "Io non voglio andare più a scuola finché mi trattano così. Non mi importa delle assenze o di quello che accade. Io non vado più". Lo dice con un misto di rabbia e dolore, quello di un bambino ha sempre sopportato e cercato di farsi accettare: "Io studio, ma non serve. A volte reagisco per difendermi e poi se la prendono tutti con me". A raccogliere il suo grido di aiuto è il quotidiano Metropolis, che stamattina racconta il caso del bambino discriminato da chi ogni giorno dovrebbe essere un suo compagno di avventura. Una storia che richiede l'intervento di insegnanti e genitori e la presenza delle istituzioni. Il secondo caso in città dopo quello di un bambino di colore insultato e mandato via in villa comunale mentre era sulle giostre. Anche allora la frase "vai via negro" era tra le parole di ragazzini che dovrebbero averla abolita dal vocabolario all'insegna della civiltà. Quest'estate è stata la sua mamma a denunciare la presenza a Castellammare di comportamenti razzisti. Ora è un bambino a dire ai grandi che non ce la fa più: "Io voglio vivere in santa pace. Perché non posso vivere in santa pace?". Una domanda che ha diritto ad una risposta.
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