I parenti del re delle pompe funebri scarcerati a più di venti giorni dal terremoto che ha travolto la famiglia Cesarano. Secondo la Dda le pompe funebri di Castellammare sarebbero in mano al clan D'Alessandro. Un rapporto con la cosca che avrebbe permesso agli imprenditori di gestire l'affare dei funerali in regime di monopolio. Un'accusa che ha portato, il 23 ottobre, a sei arresti e al sequestro di beni per 7 milioni e mezzo di euro. Ma oggi è arrivata la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli che restituisce la libertà al cugino dell'uomo d'affari in cella. Saturno, imprenditore noto a Castellammare, con gli altri parenti Giulio, Alfonso e Catello Cesarano hanno ottenuto la revoca degli arresti domiciliari e il divieto, invece, di esercitare l'attività imprenditoriale per un anno. Resta in cella per il momento Alfonso Cesarano, considerato il vero capo dell'impresa di pompe funebri, anche dopo il trasferimento ufficiale della sua attività ai parenti. Su di lui i magistrati del Riesame non si sono ancora espressi. Intanto arriva, così, una prima vittoria per il team di difensori di cui fanno parte gli avvocati Marco Longobardi, Paolo Trofino, Bruno La Rosa, Michele Cioffi e Gennaro Somma. Va avanti nel frattempo l'inchiesta della Dda per la quale sono tutti sono accusati a vario titolo di concorso nel trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto per agevolare il clan D’Alessandro, nonché avvalendosi della forza intimidatrice della cosca stabiese. La difesa ha, però, già incassato un primo risultato a suo favore.