Chiesti venti anni per Michele d'Alessandro junior, tra gli eredi di ultima generazione della cosca di Scanzano e con il nome del capo indiscusso. Stessa condanna che rischia Antonio Rossetti al suo fianco nel processo sul racket delle ambulanze all'ospedale San Leonardo di Castellammare.
Tra il 2011 e il 2015 si erano alternati anche loro ai vertici del clan D'Alessandro, secondo l'Antimafia. Per la Dda la coppia fino a sette anni fa sarebbe stato a capo del clan, nonostante Michele all'epoca fosse appena ventenne.
Tra le attività legali su cui la cosca aveva messo le mani proprio grazie a Rossetti anche le ambulanze. Il trasporto dei pazienti sarebbe stato gestito dal clan D'Alessandro tramite una ditta di sua fiducia. Secondo l'accusa, all'ospedale San Leonardo, a Villa Stabia e anche per i pazienti dializzati, i trasporti in ambulanza in quel periodo erano imposti dal clan tramite la «Croce Verde». Chi provava ad introdursi nell'affare rischiava grosso. «Altrimenti erano minacce e botte» ha raccontato il pentito Valentino Marrazzo, ex dipendente di quella ditta. «Appena Marrazzo ha cominciato a collaborare, Rossetti sostituì la ditta affidandosi ad altri» ha aggiunto l'altro pentito Pasquale Rapicano.
Solo cinque imputati hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato, per poter usufruire di uno sconto di pena in caso di condanna. Per Michele D'Alessandro junior e Antonio Rossetti, il pm Giuseppe Cimmarotta ha chiesto la condanna a vent'anni di reclusione. Per Antonio Gambardella chiesta la condanna a otto anni.
Chiesta una condanna, con il riconoscimento delle attenuanti per i collaboratori di giustizia, anche per i pentiti Pasquale Rapicano e Valentino Marrazzo, che hanno confessato una serie di reati connessi a questa vicenda. Inquietante in particolare la vicenda delle ambulanze. La sentenza è prevista ad aprile.