Hanno trovato tutto sul suo cellulare. Il boss Fontana prima di essere ucciso incontrò due consiglieri comunali. Due appuntamenti differenti con una stessa motivazione. Le assunzioni in una azienda collegata al Comune di Castellammare. E qualcosa che va storto. Una traccia che gli inquirenti hanno seguito dai giorni successivi all'omicidio del ras davanti ad una pizzeria di Agerola. Un intervento del camorrista dell'Acqua della Madonna che era stato anche considerato una intromissione sgradita ai vertici del clan D'Alessandro. Uno dei capi che, nel 2017 per la Dda erano Sergio Mosca, Giovanni D'Alessandro e Antonio Rossetti, fece arrivare il suo dissenso per quei rapporti tra i due consiglieri e Fontana. Relazioni su cui la Dda torna ad indagare ora che gli investigatori sono impegnati a chiarire tutti i punti oscuri di trenta anni di storia stabiese segnati anche dalla morte di due consiglieri comunali, prima Sebastiano Corrado e poi Luigi Tommasino. Quello di Fontana è, invece, stato un delitto che l'8 luglio del 2017 si è consumato per una vendetta. «Il clan D’Alessandro aveva decretato la morte di Antonio Fontana a seguito dell’uccisione di Antonio Martone e Giuseppe Verdoliva». Scrive la Dda negli atti che, nei mesi scorsi, hanno portato all'arresto di 27 persone del clan D'Alessandro per droga. Secondo l’Antimafia tutto risale alla guerra tra la cosca di Scanzano e gli Omobono-Scarpa e ad una punizione inferta lentamente. Ma scavando nelle ultime settimane di vita del ras sono emersi questi rapporti pericolosi con due consiglieri, mentre al governo della città c'era il sindaco Toni Pannullo poi mandato a casa prima del tempo. Ora, come questa mattina scrive il quotidiano Metropolis, gli investigatori vogliono andare fino in fondo per dare risposte a domande sui rapporti tra clan e politica che hanno condizionato decenni di vita pubblica stabiese.
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