Gli consigliò di andare a parlare con il boss. Di cercare un accordo con l'uomo che aveva ordinato di mettere una bomba al suo supermercato. I due amici parlano dell'attentato e Greco dice alla vittima: "Vacci a parlare. Togliete di mezzo la guerra". Un suggerimento ascoltato dagli inquirenti. Uno sfogo dell'imprenditore minacciato a cui Adolfo Greco, in carcere dal 5 dicembre 2018 con i capi di quattro clan a Castellammare, replica proponendo la strada dell'accordo con gli estorsori. "Volevano uccidermi" gli dice Michele Apuzzo, che entra nel mirino dei Cesarano nel febbraio del 2015. Gli hanno messo una bomba. Un'esplosione davanti al "Sole 365" nel cuore di Castellammare, che riecheggia fino a casa di Adolfo Greco e molto oltre. "Noi ascoltammo il boato dalle intercettazioni a casa sua" dice l'ispettore Mario Savarese, in aula venerdì scorso nell'udienza del processo all'imprenditore, uomo forte nel mondo della politica e dell'economia stabiese. È la vittima a fare il nome dei suoi aguzzini. Lui sa chi ha fatto tremare il centro di Castellammare con quella esplosione e si confida con Greco in due occasioni. I due imprenditori parlano anche in una sala riunione della sede aziendale di Greco e gli inquirenti li ascoltano. Parlano di Luigi di Martino detto 'o Profeta', ritenuto dalla sua vittima il mandante del messaggio di morte. "Greco e Michele Apuzzo parlano. Lui si sfoga: 'a momenti mi uccidevano'. La bomba la fece mettere lui, quel fetente di merda. Il compagno della sorella di Vincenzo Di Palma'". Apuzzo si confida, discutono di pizzo. Delle estorsioni di Pasqua, Natale e Ferragosto, che ritornano in più inchieste della Dda con imprenditori costretti a pagare i clan Cesarano e D'Alessandro a seconda della zona in cui si trova l'azienda, avendo le cosche diviso la città come una torta da mangiare. Greco dice: "Vacci a parlare. Non vi fate la guerra". Un consiglio che a Michele Apuzzo non piace. La vittima sa dell'inchiesta in corso, che poi porterà all'arresto dei sospettati: "Poi ci sono le indagini. Possono scoprire che ho cercato un accordo con il Profeta". Indagini che hanno condotto proprio a Luigi Di Martino e Attilio Di Somma. Il primo come mandante e il secondo in quanto avrebbe eseguito l'ordine del boss mentre era tornato a Castellammare in permesso premio. Vogliono soldi, più di 30 mila euro di tangente su un accordo commerciale stretto dagli Apuzzo. Del resto Luigi Di Martino bussa anche alla porta di Greco per chiedere un aumento del pizzo, ma con l'uomo d'affari, che detiene il monopolio del latte, il colloquio assume i toni di una conversazione tra conoscenti di vecchia data. "Di Martino chiede a Greco un aumento pizzo, ma dice sono a disposizione, se mi volete contattare mio figlio ha una pescheria. Se volete parlate con lui Gerardo è come se fossi io" dice l'investigatore che ricostruisce tutte le relazioni pericolose. E cosi' l'ispettore Savarese, del commissariato di polizia di Castellammare ricorda l'incontro con Teresa Martone, come già hanno fatto altri testi. "In un clan una donna non poteva essere ufficialmente il capo. Ma faceva parte del gotha decisionale, all'epoca i figli erano tutti in carcere. La mente del clan era Paolo Carolei". La vedova del boss Michele D'Alessandro al vertice dell'organizzazione criminale va a trovare Greco. "È la prima volta che va lei da qualcuno per una tangente di 5 mila euro. Mentre nella seconda parte dell'incontro chiede aiuto per smerciare generi alimentari di cui ha l'esclusiva come frutta, pasta e caffè". Un aiuto che, per gli avvocati della difesa di Adolfo Greco, la donna al comando della cosca di Scanzano non avrebbe mai avuto.
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