LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2024




L'inchiesta

Castellammare, biglietto dal comune al clan D'Alessandro: dritte sulle vittime delle estorsioni

Sedici gli arresti, questa mattina, di boss e colonnelli

di Redazione
Castellammare, biglietto dal comune al clan D'Alessandro: dritte sulle vittime delle estorsioni

Un biglietto dal comune di Castellammare. Scritto su un foglio il nome della ditta che vince l'appalto a cui chiedere l'estorsione. La dritta arriva direttamente da Palazzo Farnese agli uomini dei D'Alessandro, che devono andare a chiedere i soldi per il clan. Lo racconta Giovanni Brano, uno dei collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni aiutano la Dda e il pm Cimmarotta a ricostruire gli affari dell'organizzazione criminale che ha fatto profitti per decenni con estorsioni, usura e armi. L'indirizzo delle vittime delle estorsioni negli appalti pubblici porta la firma del Comune. Un'inchiesta che ha condotto a 16 arresti, dai capi Sergio Mosca e Giovanni d'Alessandro, ai colonnelli come Nino Spagnuolo e Antonio Rossetti. Nel 2012 il biglietto arriva una prima volta per indicare il titolare di una impresa vincitrice di un appalto per la realizzazione di scogliere sul lungomare. Poi un altro bigliettino. In questo caso con tutti i dati dell'imprenditore aggiudicatario dei lavori per trasformare la Casa del Fascio in biblioteca. Era Liberato Paturzo l'uomo d'affari della cosca di Scanzano. Il costruttore edile partecipava agli appalti pubblici per il clan e indicava gli imprenditori a cui chiedere il pizzo. Nella rete dei D'Alessandro c'era, però, una talpa direttamente negli uffici comunali in grado di fornire tutti i dati delle vittime in tempo reale. Poi i soldi incassati dovevano fruttare e quindi erano reinvestiti in prestiti usurai. Sequestrati sei milioni di euro tra appartamenti e conti correnti. Ci sono un ristorante e un bar nel tesoro della cosca, due case e quote in due imprese edili con cui si dividevano i soldi degli appalti.  Requisiti dalla Dda, pm Cimmarotta, anche conti correnti, carte di credito e libretti di risparmio. I tre boss Mosca, Giovanni D'Alessandro e Antonio Rossetti hanno curato gli interessi della famiglia mentre gli eredi di Michele D'Alessandro erano in carcere. Il braccio armato dell'organizzazione era costituito da Antonio Longobardi alias “Ciccillo” e Carmine Barba, rivelatisi essere anche i custodi dell’arsenale del clan che non veniva tenuto in un unico luogo di custodia ma parcellizzato in punti diversi e noti solo agli stessi per eludere i sequestri. Ulteriore aspetto emerso dalle indagini è l’impiego di un imprenditore edile, Liberato Paturzo, votato a soddisfare gli interessi del clan attraverso una serie di servigi quali partecipazioni ad appalti pubblici, informazioni su aggiudicazioni di pubblici incanti, segnalazioni di imprenditori da avvicinare per l’imposizione del racket. I ricavi delle estorsioni venivano reinvestiti nel giro dell’usura che moltiplicava le rendite. Con oggi gli inquirenti hanno inferto un colpo al cuore economico del clan D'Alessandro.
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23-03-2021 23:19:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA