Figura anche Michele D'Alessandro, 31 anni, nipote omonimo del defunto capoclan deceduto in carcere nel 1999, tra i destinatari
dei sette arresti emessi dal gip di Napoli Fabrizio Finamore e notificati oggi dalla Guardia di Finanza nell'ambito di una indagine della DDA (sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta).
Insieme con lui sono stati arrestati anche altri presunti appartenenti al clan D'Alessandro: si tratta di Roberto Di Somma, 37 anni; Armando
Barretta, 24 anni; Rodolfo D'Apuzzo, 32 anni; Matteo Di Lieto, 34 anni; Antonio e Ugo Lucchese, di 41 e 62 anni. Michele D'Alessandro junior (figlio di Luigi D'Alessandro) è stato di recente condannato a nove anni di reclusione per estorsione e associazione a delinquere di tipo camorristico.
Erano intestate a tossicodipendenti e disoccupati, a cui la camorra dava 5 euro al giorno per fare da prestanome, alcune agenzie di scommesse utilizzate per riciclare i proventi illeciti frutto di scommesse clandestine e delle estorsioni: è quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata (comandante colonnello Gennaro Pino) e dalla DDA, che hanno consentito di arrestare sette presunti appartenenti al clan D'Alessandro e di sequestrare sei attività commerciali tra internet-point e agenzie di scommesse tra Castellammare e Sant'Antonio Abate, dove sono stati anche trovati totem clandestini per effettuare le puntate. Le accuse a vario titolo contestate dagli inquirenti ai 19 indagati (sette dei quali arrestati) sono associazione per delinquere oltre che di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Nelle attività commerciali del clan finivano anche i proventi del "pizzo" imposto ai commercianti di quella zona a sud di
Napoli, come quelle documentate in occasione del Natale 2021: il clan imponeva le estorsioni chiedendo ai negozianti denaro per i detenuti in cambio di gadget e materie prime per il commercio (buste e imballaggi) che spesso però neppure consegnava.
Le agenzie di scommesse si avvalevano della collaborazione di broker - sia italiani, sia stranieri - delegati alla raccolta delle puntate clandestine che il clan D'Alessandro riciclava nelle sue attività imprenditoriali fittiziamente intestate a prestanome.