I vescovi del Sud sono fortemente preoccupati del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’Autonomia differenziata delle Regioni”. Vorrei premettere alcune considerazioni. È vero che è la Costituzione a prevedere la possibilità di un’Autonomia differenziata. Ma è anche vero che la “mens” della Carta costituzionale è l’unità del Paese, che è costata lacrime e sangue; per cui, prima di mettere mano al progetto di “Autonomia differenziata”, occorreva elaborare dei “principi-base” su come coniugare unità del Paese e autonomia delle Regioni.
Comunque, è la Costituzione a preveder la possibilità di un’Autonomia differenziata. Tuttavia, se dare attuazione alla Costituzione è corretto, il decreto, così com’è, si espone a diverse criticità: quella maggiore autonomia che pure la Costituzione consente (potenzialmente ben 23 materie!) finisce per essere un’altra cosa. In particolare, si palesano i rischi di una frammentazione eccessiva nell’erogazione dei diritti fondamentali per tutti i cittadini del Paese.
Esporrebbe l’Italia ad una frammentazione pericolosa, non solo nelle regioni più deboli, quelle meridionali, ma in tutte le regioni, esposte ad una frammentazione amministrativa che indebolirà l’Italia in Europa. L’Autonomia differenziata, così come proposta dal progetto Calderoli, “non ci farà più autonomi ma più soli” (manifesto degli intellettuali).
Sarebbe un paradosso: mentre oggi noi discutiamo di problemi continentali ed europei questa legge ci dividerebbe in tante piccole realtà che indeboliscono il Paese. Il punto di partenza dovrebbe essere il divario esistente tra il Nord e il Sud del Paese, le disuguaglianze ancora in atto, soprattutto nell’ambito della sanità (sembra che i cittadini del Mezzogiorno abbiano l’aspettativa di tre anni in meno di vita rispetto a quelli del Nord); si veda il Report della Svimez (“Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”) e, inoltre, lo studio appena pubblicato sull’andamento della mortalità infantile. Proprio in riferimento alle disuguaglianze nello sviluppo tra Nord e Sud, i vescovi parlano di uno sviluppo “incompiuto, distorto, dipendente e frammentato”.