Attacca i collaboratori di giustizia e minaccia il pubblico ministero: "Se fossi Galasso o Alfieri, lei non farebbe più il pm". Le parole del boss risuonano nel silenzio dell'aula del Tribunale. Francesco Tamarisco è imputato come mandante dell'omicidio di Matilde Sorrentino, la mamma coraggio che denunciò i pedofili del rione Poverelli di Torre Annunziata. Ed è lui che passa al contrattacco nell'udienza che si è svolta ieri.
Secondo la Procura di Torre Annunziata la sua fu una vendetta nei confronti della madre che aveva voluto squarciare il muro di omertà costruito per ridurre al silenzio vittime e parenti. Per il pm Filippelli il 26 marzo 2004 il narcos Tamarisco avrebbe armato il killer Alfredo Gallo che sta scontando l'ergastolo per il delitto, detenuto da 17 anni.
Poi, ieri, l'imputato ha conquistato la scena. Durante la testimonianza del pentito Aldo Del Lavale, Tamarisco ha afferrato il microfono e ha preso la parola dalla saletta del carcere da cui era collegato in videoconferenza. Dopo un primo ammonimento della Corte, ha atteso qualche minuto per fare delle dichiarazioni spontanee, non concordate con gli avvocati Antonio Rocco Briganti e Alessandro Pignataro. Fino alla minaccia ripetuta più volte: «Se fossero imputati Pasquale Galasso o Carmine Alfieri qua ha detto Tamarisco allora sarebbe diverso. Gliela facevo levare da dosso quella toga. Ma dato che io non sono Pasquale Galasso né Carminuccio Alfieri, il dottor Filippelli fa ancora il Pubblico Ministero».
Il presidente della Corte ha ricordato all'imputato che «se questa frase ha un contenuto intimidatorio, lei se ne assume tutte le responsabilità», Tamarisco ha semplicemente risposto: «Io mi assumo tutte le mie responsabilità». Il narcos ha continuato il suo discorso con una serie di epiteti e minacce in torrese che ora sono all'attenzione degli inquirenti.
Il verbale di udienza potrebbe, in queste ore, essere inviato alla Procura di Roma per avviare eventuali indagini sulle minacce nei confronti di Filippelli, già sottoposto a livello 3 di protezione per gli «avvertimenti» nei suoi confronti firmati dai clan di camorra di Ercolano.