"Ho visto Giuseppe sul divano, non riusciva a parlare, aveva gli occhi un pò aperti e un pò' chiusi. Gli ho detto: respira". Sono le parole usate dalla sorella per raccontare i tragici momenti della morte del bimbo di otto anni ucciso di botte dal patrigno. Lo riferisce in aula la psichiatra infantile Carmelinda Falco rispondendo alle domande del pm Izzo. La dottoressa ha descritto lo stato psicologico della bimba, ascoltata anche in incontri protetti, nell'ospedale Santobono dove era ricoverata: «Per difendersi aveva creato una strategia: fingeva di svenire. Una strategia che aveva suggerito anche a Giuseppe e a noi, che la stavamo aiutando, in quanto ci riteneva in pericolo». Del resto la piccola aveva pensato più volte di morire: "Papà Toni mi ha messo sotto il rubinetto tenendomi la bocca aperta, mi voleva affogare". Episodi nei quali la madre gridava "basta così li uccidi, ma senza mai intervenire". Allora la bimba aveva chiesto aiuto alle maestre, un appello però rimasto inascoltato: lo ha confermarlo la neuropsichiatra infantile Falco. La bimba, durante il ricovero al Santobono, avrebbe raccontato di aver detto alle maestre: "Chiama i carabinieri e non li hanno chiamati". Citate in giudizio due maestre e la dirigente dell'istituto scolastico frequentato da Giuseppe, ucciso dal patrigno Toni Badre, il 27 gennaio. Nei loro confronti il sostituto procuratore di Napoli Nord, Paola Izzo, ha ipotizzato il reato di omissione di denuncia. Non ancora fissata la data dell'udienza che si terrà davanti al giudice monocratico del Tribunale di Napoli Nord.