E’ la donna della banda. A trent’anni la stabiese Immacolata Norato è finita in carcere insieme ai suoi complici. E’ accusata di avere organizzato il furto e la clonazione di centinaia di assegni, per un giro di affari stimato più di 323 mila euro. Ma gli inquirenti sono al lavoro per individuare i capi. I vertici dell’organizzazione non hanno ancora un volto. La banda intercettava assegni da parte di enti pubblici, indirizzati a privati cittadini, provenienti dai centri di smistamento di Poste Italiane di Milano, Bologna e Ravenna: a questo punto gli assegni venivano contraffatti, e molti venivano riscossi proprio in provincia di Viterbo. A fare scattare l’inchiesta condotta in più regioni italiane, un padre preoccupato. Un padre che si era insospettito per i versamenti che suo figlio di 24 anni effettuava sul suo conto corrente. Soldi di cui in famiglia nessuno sapeva nulla. Dai primi riscontri gli inquirenti hanno scoperto che il giovane era un prestanome. Uno tra tanti che incassava assegni rubati e poi contraffatti per conto di altri.
L' indagine ha consentito di accertare l’esistenza di 248 assegni, rubati e poi clonati, per un giro di affari di 323.487,34 euro. Il gip del tribunale di Viterbo, a seguito della richiesta del pm titolare delle indagini, Massimiliano Siddi, ha emesso sei misure cautelari (4 in carcere e 2 agli arresti domiciliari). Gli arrestati sono Salvatore Ricciardi 35 anni e Fabio Tomillo di Pomigliano D’Arco, Giuseppe Salustro di 30 anni, Marco Antonio Carriere di 26 anni entrambi di Viterbo, Fabrizio Gargano di 48 anni, romano; la stabiese Immacolata Norato. Le forze dell’ordine stanno ancora indagando su circa 40 altre persone coinvolte, tra i quali 15 viterbesi. Tra i punti oscuri di questa vicenda rimane ancora l’interrogativo di come la “banda facesse ad individuare le buste contenenti gli assegni, gli inquirenti non escludono l’ipotesi di una “talpa” che segnalava le buste da prendere. I "prestanome" venivano reclutati dai referenti di zona e, dopo aver versato l'assegno circolare "clonato", procedevano a prevelare in contanti l'importo del titolo di credito, trattenendo il 10% e consegnando la restante somma al referente di zona che, a sua volta, percepiva il 25%, versando l'importo restante ai vertici dell'associazione. Intanto continua la caccia ai capi.