La sua bara è uscita dalla Cattedrale portata a spalla dagli amici di sempre. Da quelli che gli sono stati accanto nel periodo della sua battaglia contro un male che l'ha stroncato all'alba del 24 dicembre. Tra gli applausi è andato via Jacopo Petruccione, portando con sè le passioni che l'hanno accompagnato in trentasei anni vissuti pienamente. "Non ha vinto la morte, l'amore che c'è in questa chiesa è il segno di quanto Jacopo ha costruito. Una vita breve, ma intensa di relazioni e passioni" dice dall'altare don Antonino ad una follla commossa che questa mattina ha voluto esserci. Li ricorda tutti i suoi impegni il sacerdote che con Jacopo ha parlato durante la sua malattia: "Quando sono stato a casa si è quasi scusato per essere malato. E' stato messo a dura prova dalla vita, ma ha trasformato la sofferenza in luce. Come una pietra preziosa, più è stato strofinato più si è illuminato". E le sue passioni erano tutte per gli altri: volontario e attivista nel mondo delle associazioni, è stato tra i fondatori dell'Ashram il centro di accoglienza per migranti in un bene confiscato a Santa Caterina. Accanto all'impegno politico, con un gruppo di giovani del Pd e della sinistra che non lo hanno mai lasciato solo in questi mesi difficili. Passioni a cui non ha mai voluto rinunciare, neppure quando il male voleva vincere, come quella per la Juve Stabia la cui maglia era sulla sua bara. Ad accoglierlo all'uscita della Cattedrale lo striscione che i tifosi delle Vespe gli hanno dedicato, un omaggio a Jacopo che ha continuato a scrivere articoli sulla sua squadra del cuore mentre si curava senza mai perdere il sorriso. Ma il momento più significativo è arrivato con la lettura del Vangelo: "Ero straniero e mi hai accolto, chi aiuta i miei fratelli aiuta me" dice Gesù. Per i credenti Jacopo è solo un passo avanti, per tutti quelli che gli hanno voluto bene resta l'impegno a non fermarsi. Castellammare che accoglie è la città di Jacopo.