Avrebbe avuto 58 anni oggi Whitney Houston e senza dubbio ancora tanti grandi successi da collezionare. Sono passati dieci anni dalla scomparsa di una delle voci più amate di tutti i tempi ma le sue canzoni non smettono di ricordarne lo straordinario talento. Fu trovata senza vita nella vasca da bagno della suite in cui alloggiava a Los Angeles l’11 febbraio del 2012. Le perizie confermeranno la morte accidentale da affogamento dovuta ad uno stato di incoscienza provocato da un mix di droghe, sostanze di cui la cantante era dipendente ormai da anni.
Per quanto la notizia della sua scomparsa lasciasse sgomenti, erano in tanti a pensare che si trattasse di una fine prematura annunciata. Come spesso accaduto agli spiriti geniali della musica, Whitney Houston si era votata ad un’esistenza autodistruttiva ormai da molto tempo, schiacciata dal peso di una fama ingestibile per un’anima resa tanto fragile da quelle carenze affettive che la porteranno alla dipendenza da amori tossici, alcol e sostanze stupefacenti.
Nata nel in New Jersey, il 9 agosto 1963, il suo talento fu chiaro a tutti fin dall’infanzia. Figlia di una cantante gospel e cugina dell’altrettanto immensa Dionne Warwick, Whitney Houston sembra proprio essere predestinata alla carriera musicale. Una carriera però della quale fin da subito non è padrona. Sì, perché anche se è dal pubblico per successi di musica pop come How will I Know, I Wanna Dance with Somebody e l’intramontabile I will always love you, la vera vocazione canora della Houston l’avrebbe voluta orientare altrove. La sua formazione e la sua voce avrebbero voluto prediligere il blues e il soul, generi di nicchia e quindi poco cari a quelle case discografiche ansiose di sfruttarne il talento per fini decisamente più commerciali.
E’ dopo il matrimonio con il musicista Bobby Brown, celebrato nel 1992, che la droga entra nella quotidianità della cantante, assieme a quella violenza domestica che lascerà cicatrici emotive e fisiche profondissime. Da questa relazione nascerà la figlia Bobby Kristina, destinata anche lei ad una morte prematura. Sono gli anni del successo del film, campione di incassi, The Bodyguard dove accetta di recitare al fianco di Kevin Costner. Un ennesimo successo che arriva come una spinta verso quel burrone dal quale la cantante non riuscirà più a risalire. A niente sono serviti i percorsi di riabilitazione se non a separarsi dal marito Bobby Brown. Allontanamento che, se non altro, le permetteva di sottrarsi dalle continue violenze fisiche subite.
Alle imposizioni musicali delle case discografiche, accettate controvoglia, si somma l’impossibilità di vivere forse il vero grande amore della vita di Whitney Houston, la sua assistente Robyn Crawford dando alla cantante il colpo finale che la condurrà ad una tragica fine. Dell’amore tormentato per la Crawford parla proprio quest’ultima nel libro autobiografico A Song For You: My Life With Whitney Houston scritto dopo sette anni dalla morte della cantante. “Eravamo amiche. Eravamo amanti. Eravamo tutto l’una per l’altra. Non ci stavamo innamorando. Lo eravamo e basta. Eravamo una cosa sola: ecco come ci sentivamo” scrive l’ex assistente. Una relazione durata 15 anni, tenuta nascosta perché il mondo discografico non l’avrebbe mai permessa e la profonda fede cristiana della mamma della Houston non l’avrebbe mai accettata.
Una carriera costellata di premi internazionali e successi planetari entrati nei momenti più intensi delle vite di molti ma dal tragico epilogo. Destino altrettanto triste quello della figlia Bobby Kristina trovata priva di conoscenza in una casa ereditata da sua madre, in una vasca da bagno, così come Whitney. Morirà sei mesi dopo, nel luglio 2015, all’età di 22 anni.